Il Mediterraneo allargato e le strategie di guerra

La definizione di “Mediterraneo allargato” adottata dal MEF per la Difesa svela una proiezione strategico-militare italiana che abbraccia Balcani e Mar Nero, Medio Oriente e gran parte dell’Africa. Dietro sicurezza e “terrorismo” riemergono energia, materie prime e nuove logiche di guerra.

È ormai acclarato che l’area di influenza italiana non sia ben chiara, sarebbe sufficiente ricordare la guerra civile in Libia con milizie sostenute da Turchia e Russia, oppure il fallimento del Piano Mattei che ad oggi resta funzionale a strategie imprenditoriali e lungi dall’acquisire connotati di altro tipo.

Poi viene approvata la Legge di Bilancio e subito dopo esce un documento aggiuntivo del MEF e specifico per la Difesa ove si legge che l’area geografica dell’Italia è il cosiddetto Mediterraneo allargato.

Di cosa stiamo parlando? Andiamo a leggerlo direttamente dal documento:

 Regione che incorpora l’Europa continentale (inclusa l’area balcanica e il Mar Nero), il Medio Oriente (inclusa la Penisola Arabica e il Golfo Persico) e l’Africa relativamente alle fasce settentrionali e sub-Sahariana, che dal Corno d’Africa e attraverso il Sahel si estende al Golfo di Guinea.

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In sostanza intere porzioni dell’Europa, Medio Oriente, oltre metà del continente africano.

E ancora una volta rispunta la dipendenza energetica e tecnologia come causa scatenante di questa rinnovata visione imperialistica in collaborazione, e non, con Nato, Usa e e Ue. Se questi sono gli interessi strategici italici gli stanziamenti militari nella Legge di Bilancio appena siglata appaiono del tutto insufficienti.

Ma spunta ancora una volta uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni ossia la necessità dell’approvvigionamento di semiconduttori, materie prima, metalli rari e per questo si punta direttamente ad entrare nell’area dell’Indo pacifico ove si giocano i nuovi equilibri mondiali come fu per il Vecchio Continente fino al secolo XV.

La nozione di Mediterraneo allargato è divenuta strategica proprio sul piano strategico-militare, ci si accorge con anni di ritardo della influenza russa e cinese in Africa, il fianco Sud della Nato si sente per questo minacciato, non solo dalla presenza di Russia e Cina ma dalla crescita demografica e dai cambiamenti climatici che porteranno fenomeni immigratori di ampia portata.

Ma piuttosto che riunire scienziati e studiosi e valutare quale strategia sia consigliabile per combattere ad esempio siccità e cambiamenti climatici l’Italia, come ogni altro paese, aumenta le spese militari e guarda essenzialmente ai metalli rari e al controllo dell’Africa subsahariana, del Sahel, del Golfo di Guinea e del Corno d’Africa.

Se si pensa poi al Sahel, non troviamo un piano di investimento e di uscita dalla miseria di questi paesi ma solo interventi per far dipendere queste economie dalla Ue e dislocare truppe europee in caso di necessità, anzi “per prevenire il terrorismo”.

Intanto la Ue deve guardare al suo interno e proprio in questi giorni è lecito pensare che la scommessa europea sulla sconfitta della Russia sia un grave errore di valutazione? Macron vorrebbe intanto frenare l’ascesa militare della Germania che nell’arco di pochissimi anni allestirà un grande e moderno esercito. 

Una Ue che scommette sula sconfitta della Russia e avrebbe voluto, tramite alcuni paesi, sequestrare i beni russi (progetto poi abortito) è credibile? Intanto difficile parlare di una sola Europa che sulla Russia si è spaccata almeno in tre parti con altrettante posizioni. La apertura di Macron al negoziato con la Russia rischia di alimentare ulteriori tensioni ma è anche lo specchio di una crisi politica ed economica.

L’asse tra Francia e Germania è in evidente crisi, i prodotti militari che dovevano realizzare insieme sono già falliti, la Germania va avanti con il suo riarmo e lo fa predisponendo un piano di difesa missilistico di cui beneficeranno non le imprese Ue ma quelle americane ed Israeliane. La crisi economica, strategica, energetica europea è stata acuita, se non proprio determinata, dal conflitto in Ucraina, quanto avverrà in quell’area resta dirimente per i piani futuri della UE.

Sul conflitto in Ucraina è utile ascoltare una intervista:

Adesso l’Europa è spaccata in tre. Il Vaso di Pandora intervista Gaiani – Analisi Difesa

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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