Il ritorno delle cannoniere e la conseguente moltiplicazione di affamati e ammazzati

Dalle cannoniere imperiali del 1902 al blocco navale contemporaneo contro il Venezuela: un ritratto della persistenza della dottrina delle sfere d’influenza. Tra ingerenze, rivalità USA-Russia-Cina e crisi sistemica, si profila un mondo sempre più militarizzato, con rischi per la sovranità regionale.

Un breve quadro retrospettivo

Nel dicembre 1902 una combriccola formata dalla marina militare dell’Impero britannico, dell’Impero tedesco, del Regno d’ Italia, del Regno d’Olanda, del Regno del Belgio e del Regno di Spagna, vale a dire “la crème de la crème”, mise sotto assedio le coste venezuelane esigendo l’immediato pagamento dei debiti di Caracas verso alcune aziende private europee. 

Era un fatto “normale”.

Anzi, quella volta l’assedio fu “gentile”, portò pochi bombardamenti (ad esempio del Forte San Carlos) e durò “solo” 3 mesi.

Il 13 febbraio 1903 i mediatori statunitensi riuscirono a mettere d’accordo le parti.

Con l’accordo, il Venezuela s’impegnò a destinare il 30% delle sue entrate doganali per pagare il secolare festino della “crème”, fino alla completa estinzione di debiti la cui entità era determinata autonomamente dai magnanimi giustizieri della crème stessa. 

La “diplomazia delle cannoniere” era piuttosto efficace ed il blocco navale una dimostrazione di forza che garantiva la carestia degli assediati, et voilà, il diritto internazionale. 

Così si modificavano le politiche dei governi antipatici e poco evoluti e si rovesciavano quelli non graditi.

Tuttavia, da ragazzi generosi, i civilizzati europei a volte si limitavano a ricorrere al sistema solo per inviare un messaggio. 

Vito Corleone e famiglia avrebbero reso universale il messaggio: “Vi faremo una proposta che non potrete rifiutare”. 

Essendo un sistema ritenuto normale, gli USA, ottimi apprendisti del meglio del colonialismo, lo adottarono velocemente, e l’impiegarono prima, durante e dopo la Guerra Fredda. 

Il Venezuela sotto pressione

Nell’agosto 2025, al largo delle coste venezuelane incrociano 3 cacciatorpediniere, 4.000 marines, svariati aerei da combattimento e, probabilmente, diversi sottomarini, tutti a stelle e strisce. 

Secondo Paperino/Trump, metteranno fine al narcotraffico e chiuderanno i confini statunitensi al crimine organizzato. 

L’operazione navale è arrivata dopo che, il 7 agosto, la giustizia statunitense aumentò la taglia su Nicolás Maduro: ogni informazione che faciliti la sua cattura sarà ricompensata con 50 milioni di dollari, erogati in forma anonima ed esentasse. 

Il presidente della repubblica venezuelano sarebbe il leader del fantomatico “Cartel de los Soles” (Cartello dei Soli), direttamente collegato al Cartello messicano di Sinaloa. 

Dopo il Venezuela, sarà il turno del Messico? 

Nell’800, ai francesi di Napoleone III andò piuttosto male e, del malcapitato Massimiliano ed i suoi bravi fantini francesi restò solo il castello di famiglia a Trieste (Miramare) e una povera vedova, Carlotta, impazzita. 

Pochi mesi fa Paperino/Trump aveva rinnovato, in deroga all’embargo, la licenza concessa all’azienda petrolifera Chevron per estrarre in Venezuela e provveduto ad uno storico scambio di prigionieri con Caracas. 

Sembrava l’inizio di un nuovo corso ma gli autocrati hanno tutti i diritti, ivi compreso quello alla confusione, poiché le loro patologie, in quanto “piccole bizzarrie” sono off record. 

Sulla strada per l’Alaska, un altro autocrate, Vladimir Putin, affermò che l’agenda del suo dialogo con Trump era ben più ampia della guerra in Ucraina, facendo esplicito riferimento ai missili balistici e alla cooperazione economica.

Sembra ovvio che nell’elenco di Trump ci fosse l’operazione venezuelana e l’anticipazione al suo omologo (in senso ampio), serviva a prevenire dichiarazioni di aperto appoggio al Venezuela. 

La Russia vende armi al Venezuela ma, come avviene ai “volenterosi” europei, I tanti tuoni non implicano necessariamente la pioggia.

Ovvero, così come i volenterosi europei non sembrano disposti a morire por Kiev, Mosca non sembra disponibile a sacrificare i suoi rapporti più rilevanti per Caracas.

In effetti, non vola una mosca moscovita su quei cieli. 

Si deve concludere che tra autocrati amanti della realpolitik non vi sono cornate, confermando quanto era stato dimostrato dalla vicenda siriana, quando il Cremlino assistette imperturbabile alla cacciata di Bashar al Assad, un suo alleato storico ben più importante di Maduro. 

Il silenzio sul Venezuela ha qualche rapporto con gli accordi sull’Ucraina? Ovviamente, non è dato saperlo, ma si può ragionevolmente presumere che Trump abbia ribadito il suo ruolo da mediatore per facilitare un accordo che contempli la cessione di territori alla Russia – Crimea e Donbass – ed escluso la presenza di truppe USA sul territorio ucraino e l’invio diretto di armi. Ma, è solo questo? Si è trattato di concessioni gratuite o, com’è lecito supporre, ha incluso qualche contropartita? 

Lo scenario globale in fase di definizione

L’impressione è che siamo alla fase iniziale di un tentativo di ricostituire le sfere d’influenza.

Non penso ad una riedizione della bipolarità rigida tipica della Guerra Fredda, bensì ad un processo che punta a fissare le rispettive egemonie regionali: lo spazio post-sovietico sarebbe roba russa, l’emisfero occidentale roba statunitense, come peraltro stabilito dalla Dottrina Monroe, soprattutto per il Grande Caraibi, “Mare Nostrum” statunitense fin da quando Washington s’inventò il conflitto con la Spagna (1898), per impossessarsi di Cuba. 

Un breve elenco degli interventi militari di Washington e Mosca

Ricordo qualche intervento militare dei due nelle rispettive aree di predominio.

Mosca: 

Azerbaigian (1920), Georgia (1921 e 2008), Polonia (1939), Finlandia (1939), Paesi baltici (1940), Ungheria (1956), Cecoslovacchia (1968), Afghanistan (1979), Moldavia e Ucraina (2014 e 2022). 

Washington dopo il “Corollario di Theodore Roosevelt” al monroismo (1904), che inaugura il “Big Stick” (il Grosso bastone):

Invasione di Cuba (1906, 1912, 1917, 1933), di Grenada (1983), della Repubblica Dominicana (1916 e 1965), di Haití (1915), dell’Honduras (più volte tra il 1907 e il 1925), del Messico (1912 e 1916), del Nicaragua (più volte tra il 1912 e il 1933), di Panama (per provocarne la secessione dalla Colombia nel 1903 e nel 1989). 

Dall’epoca del Big Stick fino alla politica di buona vicinanza, inaugurata nel 1933 da Franklin Delano Roosevelt, le azioni statunitensi hanno regolarmente incluso l’esproprio delle entrate doganali e il furto dei diritti di proprietà privata, quali attività di complemento di obiettivi strategici come il controllo delle rotte commerciale, di solito, l’installazione di “governi amici”. 

Nel 2025, la priorità dichiarata da Paperino/Trump nei Caraibi è l’arresto del narcotraffico, anzitutto del fentanyl. 

Ciò giustificherebbe l’assedio navale ed è un potente messaggio mafioso rivolto alla popolazione venezuelana: “Per evitare guai peggiori dovette disfarvi dell’attuale governo”. 

Il messaggio è simile a quelli inviati dal governo di Tel Aviv alla popolazione di Gaza ma – ovviamente – quest’ultima subisce conseguenze ben più pesanti: i sopravvissuti gazawi non debbono limitarsi a disfarsi del loro Maduro, ma devono abbandonare definitivamente la loro terra.

La pretesa è talmente esagerata che persino il timido pontefice, ironicamente chiamato Leone, l’ha definita inaccettabile. 

Maduro ha risposto all’ultimatum “paperinesco” mettendo in allerta 4,5 milioni d’integranti della milizia bolivariana.

4,5 milioni di miliziani armati comportano non pochi rischi, anche per Maduro. 

La penetrazione cinese in America Latina allarma Washington

Comunque, bisognerà fare i conti con Pechino, ormai solito convitato di pietra.

La Cina ha una solida presenza economica in tutta la regione.

Parlandone, l’ammiraglio Halvin Hosley, capo del comando sud statunitense, ha detto: 

“Nel Sudamerica, la Cina vuole estrarre risorse e installare infrastrutture che abbiano un potenziale doppio uso. Perciò è pericolosa la sua influenza su linee di comunicazione marittime come lo stretto di Magellano ed il canale di Drake”. 

L’ammiraglio parlava alla “XVI Conferenza Sudamericana di Difesa” (Buenos Aires, 19-21 agosto 2025), che aveva come scopo “rinforzare il dominio marittimo delle forze armate ed appoggiare la loro lotta contro le organizzazioni criminali”.

Si riferiva alle rotte marittime della “fine del mondo”, ossia ai passaggi tra l’Atlantico ed il Pacifico esistenti tra l’Argentina ed il Cile. 

La logica è ricostruire lo scacchiere utile alla geopolitica egemonica statunitense e, perché Paperino è realista, delle grandi potenze. 

Paperino e Putin sono assai simili. 

Non si sa ancora se lo sia pure Xi ma, comunque, la Cina deve ancora stabilizzare il suo spazio strategico. 

La realpolitik dei grandi giocatori, ovvero l’ipotesi neocolonialista, è la principale ipotesi finora in campo per risolvere la crisi sistemica.

È foriera di nuove guerre ed assortite prepotenze.

Qualche dato sulla crisi sistemica

In un mondo immerso nella crisi sistemica il moltiplicarsi delle crisi è inevitabile.

Se qualcuno non si è completamente accorto di cosa hanno prodotto, può dare un’occhiata al dossier pubblicato nel numero di luglio 2025 dagli estremisti di “Missioni”, “mensile cattolico esistente dal 1899”, proprietà dei “Missionari della Consolata”. 

Trascrivo:

“Guerre con il silenziatore. Centosettanta conflitti armati (quasi) sconosciuti”

Sommario:

– 300 milioni di persone dipendono da aiuti alimentari, di cui 74,1 milioni in Africa orientale e meridionale
– 52 Stati vivono situazioni di conflitto armato
– 20 guerre ad alta intensità (oltre 1.000 morti annui)
– 4 guerre ad altissima intensità (oltre 10mila morti annui)

– 2.443 miliardi di dollari di spesa militare mondiale, equivalente al 2,5% del PIL globale 
– 306 dollari a persona, di cui 820 miliardi di spesa militare USA, 296 miliardi della Cina, 109 miliardi della Russia
– 19.000 miliardi di dollari impatto economico dei conflitti armati nel mondo: il 13,5% del PIL mondiale, circa 2.380 dollari a persona. 

Il caro amico, prof di geopolitica Andrea vento, mi ha fatto presente che questi sono i dati del 2023 e nel 2024 sono aumentati di un ulteriore 9,4%, attestandosi a 2.718 miliardi di dollari.

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About Rodrigo Rivas

Rodrigo Andrea Rivas è un giornalista, scrittore ed economista nato a Santiago del Cile. Giovane dirigente di Unidad Popular a sostegno del governo di Salvador Allende, è in Italia dal 1974, esiliato dopo il golpe di Augusto Pinochet. Già direttore di Radio Popolare e docente universitario, ha pubblicato oltre 50 libri di politica ed economia internazionale.

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