In Brasile, la crisi economica e la transizione ecologica causano licenziamenti nelle fabbriche della General Motors. Scioperi precedenti non hanno impedito la ristrutturazione per la produzione di auto elettriche, con i sindacati criticati per la loro cooperazione.

I contraccolpi della crisi economica e della transizione ecologica iniziano a manifestarsi nelle fabbriche latino-americane tanto che in Brasile si annuncia, negli stabilimenti della General Motors, un “Piano di licenziamento volontario” (PDV) per altro già bocciato dagli operai che a fine estate organizzarono scioperi di massa nelle fabbriche.
Anche in Brasile si stanno verificando i medesimi scenari sperimentati negli Usa, scioperi combattivi che per settimane avevano bloccato la produzione seguiti da accordi venduti come vittorie sindacali salvo poi scoprire che gran parte delle richieste iniziali non erano state accolte e la smobilitazione operaia serviva solo ai processi di ristrutturazione indispensabili per riconvertire gli stabilimenti alla produzione di macchine elettriche.
I sindacati ufficiali brasiliani, come negli Usa, sono da sempre legati mani e piedi a partiti politici e a lobby economiche dopo anni nei quali erano stati invece combattivi e alla opposizione, non è casuale il loro plauso alla nuova indennità di licenziamento avanzata dalla azienda per incentivare gli esodi.
I padroni non sono riusciti a dividere gli operai prima e per questo hanno cambiato strategia con alcune concessioni di natura economica per poi riproporre degli incentivi al licenziamento su base individuale non prima di avere ottenuto la sostanziale smobilitazione con la promessa di pagare anche alcuni giorni di sciopero.
E a conferma di quanto scriviamo gli operai degli stabilimenti di São José dos Campos, Mogi das Cruzes e São Caetano do Sul avevano ricevuto lettere di licenziamento nonostante le rassicurazioni prima e poi un accordo sindacale che vietava licenziamenti sommari e collettivi. Un successivo ricorso alla Magistratura nel Novembre scorso aveva sospeso i licenziamenti ma una volta revocato lo sciopero lo spettro degli esuberi è tornato materializzandosi in altre forme.
Per quanto rassicuranti siano state le dichiarazioni sindacali alla insegna della netta contrarietà ai licenziamenti, la forza d’urto delle multinazionali e anche la compiacenza dei Governatori rispetto al capitale nazionale ed internazionale sta portando a casa il risultato sperato dai padroni ossia esuberi che andranno a ridurre i numeri di una forza lavoro giudicata in eccesso in vista dei processi di automatizzazione delle linee e le riconversioni delle stesse per l’auto elettrica.
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