TFR, dai neoassunti direttamente alla previdenza integrativa: l’emendamento del Governo

Dal 1º luglio 2026 il Governo vuole spingere i neoassunti verso la previdenza integrativa con il meccanismo dell’adesione automatica: sessanta giorni per dire no, poi il TFR confluisce nei fondi e non si torna indietro. Una scelta che sottrae risorse alla previdenza pubblica e rafforza i gestori dei fondi.

Con l’emendamento del governo alla Manovra, il governo decide l’adesione automatica dei dipendenti neoassunti del settore privato alla previdenza complementare. E nella pubblica amministrazione intanto stanno spingendo il personale a scegliere il Tfr abbandonando il Tfs, condizione essenziale per poi aderire al Fondo previdenziale Sirio Perseo.

Possono essere soddisfatti i gestori della previdenza complementare che invocavano un aperto sostegno ai fondi in alternativa alla previdenza pubblica; dal 1º luglio 2026 i lavoratori avranno 60 giorni dalla data della prima assunzione per rifiutare l’adesione alla previdenza complementare e mantenere in azienda il Tfr.

La scelta di tenere il Tfr in azienda potrà essere revocata successivamente ma una volta trasferita la “liquidazione” ai fondi non sarà più possibile tornare indietro. E qui arrivano i problemi.

 La mossa del governo mira a prendere il Tfr dei neoassunti che poi sono mezzo milione di neoassunti ma quello che conta sono i soldi in ballo.

Dati 2023: su 31,3 miliardi, 17,3 miliardi sono rimasti nelle aziende, 6,1 sono andati al Fondo di Tesoreria e 7,8 alla previdenza complementare, ora quello che conta per il Governo è portare più soldi possibili ai fondi pensione.

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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