Assemblea Onu adotta due Risoluzioni che chiedono il ritiro di Israele

La questione di fondo resta l’impunità garantita di fatto a Israele dagli Occidentali.

Il 2 dicembre l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato due importanti Risoluzioni[1] che chiedono il ritiro di Israele; la prima dai Territori Palestinesi e l’altra dal Golan siriano, entrambi occupati militarmente da Israele con la Guerra dei 6 giorni del giugno 1967 e mai restituiti nonostante i solleciti delle varie Risoluzioni Onu, a partire dalla n.242 del Consiglio di Sicurezza del novembre dello stesso anno.

La prima dal titolo “Risoluzione pacifica della questione palestinese”, documento A/80/L. 16[2], approvata per appello nominale con una schiacciante maggioranza di 151 voti favorevoli, 11 contrari e altrettante astensioni, mette in evidenza la necessità di urgenti sforzi collettivi per l’inizio di un reale processo negoziale che arrivi alla pacificazione del Medio Oriente. E a tale scopo richiede l’indizione di una conferenza internazionale a Mosca, in base a quanto stabilito dalla Risoluzione 1850 approvata dal Consiglio di Sicurezza nel 2008 “per promuovere un accordo di pace, giusto, duraturo e globale”. 

Per quanto riguarda Israele, richiede il rigoroso rispetto degli obblighi stabiliti dal diritto internazionale, fra i quali il blocco di tutti i nuovi insediamenti colonici e la fine dell’occupazione illegale dei Territori Palestinesi. Respinge, inoltre, ogni attività tesa a creare cambiamenti demografici (pulizia etnica) e territoriali a Gaza e ha posto in evidenza l’importanza dell’unificazione di Gaza alla Cisgiordania sotto l’amministrazione dell’Autorità Nazionale Palestinese. In conclusione, la Risoluzione rinnova a Israele la richiesta di porre termine all’occupazione illegale ritirandosi dai Territori occupati dal 1967 in avanti e della realizzazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese, in primis quello all’autodeterminazione.

L’ambasciatore del Senegal che ha presentato la Risoluzione all’Onu, in sede di discussione in Assemblea, ha affermato che il testo ribadisce le “basi giuridiche, diplomatiche e operative” essenziali per una soluzione giusta, duratura, complessiva e pacifica della questione palestinese. Il discorso, dai toni fermi e puntuali e dal costante richiamo agli obblighi giuridici internazionali, ha aperto il dibattito al quale hanno partecipato, fra gli altri, il Kuwait a nome dei paesi del gruppo arabo, il Venezuela, il Messico, la Norvegia e il Sudafrica. I cui interventi, seppur con vari accenti, hanno concordato nella richiesta del rispetto del diritto internazionale, della fine dell’occupazione e della piena affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese tramite la realizzazione di due Stati. Il rappresentante palestinese ha dichiarato che la “La Palestina sarà libera: libera dall’occupazione, libera dall’oppressione, libera dalla paura e dal bisogno”; mentre quello israeliano, come di consuetudine, si è dichiarato contrario appellandosi alla mancata condanna di Hamas per l’attacco del 7 ottobre 2023, procrastinando la falsa narrazione dell’inizio dell’annosa questione storica in quella data, quando invece risale quantomeno al 1948, con l’avvio della pulizia etnica e la prima espansione territoriale.

Il testo della Risoluzione dell’Assemblea, che peraltro riveste valore non vincolante, stride con la situazione di fatto sul campo e col suo aggravamento degli ultimi 2 anni, nonché col sistematico mancato rispetto da parte di Israele del diritto internazionale e di tutte le risoluzioni Onu, comprese quelle vincolanti del Consiglio di Sicurezza, che direttamente lo riguardano. Come ha pragmaticamente messo in evidenza il rappresentante del Brunei: “Non è l’assenza di Risoluzioni internazionali che ci hanno portato qui, ma la sua mancata attuazione” determinando di fatto lo stato di sostanziale impunità che si è assicurato Israele nei decenni.

Con l’atra Risoluzione, dal titolo “Il Golan siriano” documento A/80/L. 12, l’Assemblea Generale con 123 voti favorevoli, 41 astensioni e solo 7 contrari (Israele, Stati Uniti, Paraguay, Tonga, Palau, Papua Nuova Guinea e Micronesia), ha decretato nulla la decisione dello stato di Israele del 14 dicembre 1981 di imporre la propria legge, giurisdizione e amministrazione sul Golan siriano occupato, richiedendone l’annullamento. E ribadendo la richiesta di ritiro dalle terre siriane occupate, sia con la Guerra dei 6 giorni, sia nell’ultimo anno dopo la caduta di Assad, fino alla linea di confine antecedente il 4 giugno 1967.

Come di consueto il governo israeliano, seguendo una pratica ormai consolidata, continuerà ad ignorare le richieste delle due Risoluzioni approvate e ad oggi non sembra avere alcuna intenzione di rispettare nemmeno quanto stabilito a suo carico dal piano di Trump, nonostante la matrice coloniale dello stesso, tant’è che si ostina ad uccidere quotidianamente palestinesi, a non far entrare gli aiuti umanitari e costringere 850.000 gazawi sfollati a passare un altro inverno di privazioni e fame al freddo nelle tende, senza nemmeno intravedere la possibilità della ricostruzione e del ritorno ad una parvenza di normalità. 

Sotto la pervicacia della politica espansionistica israeliana implementata fin dal 1948, il diritto internazionale giace miseramente, nell’indifferenza generale, sotto le macerie di Gaza.

Andrea Vento
12 dicembre 2025
Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati


NOTE

[1] L’Assemblea Generale adotta i testi che chiedono il ritiro israeliano dai territori occupati:
https://press.un.org/en/2025/ga12737.doc.htm

[2] https://docs.un.org/A/80/L.16

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About Andrea Vento

Andrea Vento, docente di geografia economica presso l’Istituto Tecnico Commerciale «Antonio Pacinotti» di Pisa, si è laureato nel 1988 presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Pisa con corso di laurea in geografia e tesi in geografia economica. Appassionato di geopolitica e relazioni internazionali, con particolare predilezione per il Medio Oriente e l’America latina, ha focalizzato le proprie ricerche e la propria attività sull’analisi di specifiche tematiche di carattere geoeconomico e geopolitico. Al centro del suo lavoro vi è il tentativo di ampliare - tramite scritti e conferenze - la conoscenza di particolari sfere economico-geografiche del mondo attuale. Nel 2013 - assieme ad alcuni colleghi - ha fondato il GIGA (Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati).

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