Il rapporto Istat 2024 fotografa un paese più povero: 2,2 milioni di famiglie (5,8 milioni di persone) in povertà assoluta e quasi 8,8 milioni in relativa. Migranti e lavoratori pagano l’erosione salariale, con divari territoriali crescenti e welfare insufficiente.

Il rapporto Istat sulla povertà nell’anno 2024 da poco uscito racconta un paese in crisi con sacche di povertà crescenti: 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta pari a quasi 5,8 milioni di persone.
La povertà assoluta, quella decisamente più visibile sempre che si voglia rivolgere il nostro sguardo alle condizioni di disagio sociale ed economico diffuse attorno a noi, vede famiglie in prevalenza composte da stranieri che poi sono anche i nuclei più numerose costretti a vivere in case con pochi metri quadrati e presentando livelli di istruzione più bassi. Da troppi anni analizziamo le politiche migratorie solo in termini solidaristici o con approcci morali, quasi mai guardiamo ai migranti come classe di sfruttati, ricattabile con il permesso di soggiorno per avere il quale si accettano condizioni lavorative senza dignità e salari decisamente bassi, orari impossibili.
La realtà è impietosa e scomoda ma non per questo potrà essere elusa. Se invece prendiamo in esame la cosiddetta povertà relativa i numeri diventano ancora più preoccupanti riguardando quasi 8,8 milioni di individui. Gli italiani vivono meglio degli immigrati ma subiscono un progressivo impoverimento che ritroviamo non solo tra le famiglie disoccupate, con lavori precari e part time ma anche laddove è presente un contratto full time e a tempo indeterminato a conferma che la erosione del potere di acquisto dei salari, e delle pensioni di cui ben poco si parla, sta producendo una massa crescente di poveri, di indebitati che stentano ad arrivare in fondo al mese. La crisi attanaglia la classe media ormai o quella che un tempo potevamo definire tale con fenomeni di proletarizzazione avvenuti a partire dagli anni pandemici con la chiusura di tante piccole attività.
Le famiglie in povertà assoluta sono più presenti nelle isole e nelle regioni Meridionali ma attenzione ad alcune province del centro nord (impensabile questa condizione solo 10 anni fa), oggetto di feroci deindustrializzazioni, di crisi della manifattura con grandi marchi in decadenza che si portano dietro vasti indotti. La perdita di tanti posti di lavoro non è compensata da nuova occupazione, ad un full time subentra magari un part time e quindi la erosione del potere di acquisto diventa una realtà preoccupante che dovrebbe spingere ad altre scelte. Detto in termini semplici la crisi si fa sentire producendo una crescente e diffusa miseria. Qualche anno fa dal centro destra partivano le richieste di gabbie salariali, ossia stipendi più bassi dove il costo della vita risultava minore, debacle assoluta del contratto nazionale e l’idea che svolgendo lo stesso lavoro dovessimo calcolare le retribuzioni in base al costo della vita nelle varie province. Non è definitivamente tramontata questa idea e alla occorrenza potrebbe ripresentarsi all’ordine del giorno nella agenda Governativa. Tuttavia, dove minore è l’opportunità lavorativa e più debole l’offerta dei servizi pubblici, la miseria si va estendendo. Per quanto sia difficile stabilire una cifra valida erga omnes e al di sotto della quale una famiglia finisca automaticamente nella povertà, qualche elemento di analisi è già in nostro possesso e possiamo parlare di crisi del ceto medio, della classe operaia e dei servizi specie laddove non risulti proprietaria di casa, ove le famiglie sono più numerose e senza il supporto degli anziani che ormai da tempo rappresentano una sorta di welfare per le giovani generazioni. Incide il costo della vita che cambia da regione a regione, il valore degli immobili, a quanto ammonta un affitto, alla tipologia dei lavori accessibili in base ai quali variano i contratti applicati. E poi se abiti in un’area metropolitana difficilmente avrai un orto coltivato o un pollaio che qualche aiuto anche in termini economici possono garantirlo anche se in caso di malattia devi sobbarcarti un viaggio della speranza verso gli ospedali del centro nord con costi decisamente elevati e ormai insostenibili per tanti nuclei.
Negli ultimi anni la miseria si manifesta nelle aree metropolitane e nelle tradizionali province con minore reddito e tassi di disoccupazione elevati, dipende dalla composizione familiare perchè un nucleo numeroso dovrà superare tanti ostacoli specie se con tre o più figli a carico. Se scopriamo anziani senza cure e con pochi soldi colpisce il deterioramento delle condizioni di vita di nuclei familiari con una età media piuttosto bassa scoprendo, contrariamente a tanti luoghi comuni, la propensione al risparmio delle famiglie formate dai più giovani. Da anni ci viene raccontato che bisogna ridurre le tasse evitando che siano le imprese ad accrescere i salari, questa misura è sbagliata per due ragioni; lo stato non ha risorse per il welfare e si sostituisce alle imprese che possono fare profitti senza offrire nulla in cambio. Vediamo allora la nostra lista delle priorità che non coincide ovviamente con quella Governativa.
- Rilanciamo la istruzione e le risorse destinate dal Governo sono del tutto inadeguate il titolo di studio ha ancora un peso effettivo, le famiglie povere sono anche quelle con titoli di studio bassi, costruire percorsi professionali ad hoc per chi ha abbandonato le scuole, arrivare a un diploma, portare studenti e studentesse a una laurea breve richiede impegni anche dallo Stato, investimenti adeguati nella istruzione pubblica, politiche dell’abitare, borse di studio. Se non si aumentano allora le risorse destinate alla formazione e all’istruzione di ogni ordine e grado, è inutile lamentarsi degli abbandoni scolastici e del basso numero di diplomati e laureati. Dovremmo poi pensare a percorsi formativi permanenti a prescindere dal lavoro svolto per contare su alternative reali in caso di licenziamenti.
- Combattere la povertà con salari dignitosi e potenziando il welfare. I dati Istat fotografano una povertà relativa e una assoluta ben distinte ma entrambe in crescita, la povertà è legata anche al caro affitti, da decenni manca un piano casa e una edilizia popolare capace di risposte a un annoso problema
- I lavoratori subordinati sono sempre più poveri. La miseria attanaglia ormai anche quanti hanno un lavoro, la erosione del potere di acquisto è stata tanto forte da produrre in pochi anni uno tsunami sociale
- Investire nella scuola e nella sanità, un nuovo piano casa per il rilancio della mobilità sociale. La scarsa mobilità sociale è una delle cause di questa condizione, avere poi posto fine al Reddito di cittadinanza non si è dimostrata una scelta oculata, eppure il Governo è irremovibile su una decisione che, dati alla mano, ha solo accresciuto la miseria
- La miseria investe le giovani generazioni, le spese governative per la famiglia sono solo un bluff. L’incidenza della povertà assoluta, intanto, nella fascia under 18 si fa sempre più preoccupante, davanti a circa 1,3 milioni di bambini e ragazzi in condizioni di povertà scopriamo quanto siano ipocriti i richiami alla famiglia e alla infanzia, mai da 30 anni ad oggi il deterioramento delle condizioni di vita ha colpito le fasce giovanili ipotecando negativamente il futuro delle giovani generazioni. Non si tratta di tutelare la famiglia come istituzione ma di potenziare il nostro welfare adeguandolo ai nuovi e reali bisogni.
Pensate che la prossima Manovra di Bilancio offra risposte e soluzione alla povertà crescente? No, stanzia solo risorse al Riarmo.
CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK
Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte e del link originale.