Il referendum oltre le bufale: perché i Sì smontano le narrazioni tossiche

A ridosso del voto, rompiamo il silenzio non per indicare come votare ma per smascherare le menzogne tossiche sul referendum. Dalla “lobby” ai “giovani che odiano il posto fisso”, analizziamo le fake news più virali e ribadiamo il valore democratico di questa battaglia.

Siamo alla vigilia del referendum e cerchiamo di mantenere l’impegno del silenzio elettorale, anche se i primi a doverlo rispettare dovrebbero essere istituzioni e canali pubblici offrendo debite informazioni. Scriviamo spinti dall’imbecillità umana che gode sempre di buona salute, quella imbecillità che porta a ragionamenti, si fa per dire, così assurdi, illogici e banali da dubitare anche dell’intelligenza umana. Abbiamo sintetizzato alcune idee per altro diffusissime sui social e ascoltate anche da giornalisti che scrivono sulla stampa nazionale. Non parleremo di come votare al referendum, per entrare invece nel merito della fiera di menzogne ascoltate e lette:

· La Cgil sapeva che non avrebbe raggiunto il quorum e con essa anche il centrosinistra, ma sono andati avanti lo stesso solo per dimostrare di essere più numerosi dei votanti a favore del centrodestra nelle ultime politiche.

· I sostenitori del referendum sono solo interessati alla loro visibilità e non ai contenuti, e per questo i loro no restano ideologici e immotivati.

· Il Referendum è il frutto di un errore di fondo, di una visione arcaica del mondo e, come detto dalla segretaria Cisl, si guarda al lavoro con lo specchietto retrovisore.

· Il referendum è stato imposto agli italiani da una lobby.

· I giovani non vogliono il posto fisso. Speranza e Landini, dopo il vaccino, ci vogliono anche far subire le loro decisioni.

Non citiamo le fonti ma vi assicuriamo che sono state ponderatamente selezionate.

· La storia referendaria in questo paese è ricca di spunti: con i Referendum sono stati strappati diritti civili come aborto e divorzio, e la stessa Repubblica all’indomani della Guerra. Definire il Referendum strumento delle lobby vuol dire essere o ignoranti o in mala fede; anzi, in tanti casi, se non in tutti, è vero l’esatto contrario.

· I no aiutano a crescere. Troppi sì sono stati invece espressi dai sindacati in questi anni; se avessero costruito un argine all’innalzamento dell’età pensionabile o alla precarietà, oggi non ci troveremmo a essere tanto subalterni ai voleri datoriali. Il referendum è servito almeno a rimettere al centro del dibattito non solo il lavoro, ma soprattutto il punto di vista dei salariati, dei precari, dei disoccupati, dei giovani in cerca di occupazione, degli sfruttati, e solo questo ci sembrerebbe già un buon risultato.

· La visione arcaica del mondo del lavoro imputata ai sostenitori del Sì è l’ultimo atto della mistificazione della realtà. Siamo il paese degli sgravi fiscali, dei tagli di tasse anche a quanti ne pagano già poche; veniamo da anni nei quali le disuguaglianze sociali ed economiche sono cresciute a dismisura, in cui le tutele individuali e collettive sono state presentate come dei privilegi da abbattere, quando invece i veri privilegi erano ignorati ed esaltati come frutto del merito e della inventiva individuale. Hanno ottenuto sempre quello che volevano, ossia libertà di licenziamento, accordi di secondo livello in deroga ai contratti nazionali, detassazioni, precarietà occupazionale. Accusare i referendari di guardare al passato è folle: gli accusatori manco sanno guardare il presente.

· Il mondo del lavoro oggi deve affrontare l’invecchiamento delle maestranze e la minaccia che i pensionati superino a breve il numero degli occupati. In un paese fermo socialmente ed economicamente con lavori precari, la narrazione che i giovani rifiutino il posto fisso e desiderino la massima mobilità occupazionale è una boutade o, se preferite, semplificazione americanista. Vogliono in realtà abituarci all’idea di perdere il posto di lavoro con pochissime mensilità come contropartita, pur sapendo che una nuova occupazione è difficile da trovare; e prova ne sia che la fascia di età sotto i 45 anni è la più penalizzata. La narrazione sulla fine del lavoro fisso è funzionale alla distruzione di tutele reali nel mondo del lavoro; del resto, con l’ascensore sociale fermo, gli abbandoni scolastici e la mancata formazione, anche una ipotetica mobilità non avrebbe terreno fertile.

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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