Il GIGA augura un Primo Maggio di riflessione per organizzare la lotta.

di Emiliano Brancaccio
Oggi si celebra il lavoro ma negli altri giorni dell’anno la festa è solo dei padroni.
Allo scoccare del primo quarto di secolo, la forma dell’attuale modo di produzione risulta più che mai chiara: un restaurato capitalismo di puro comando.
Dove la proprietà ordina e le lavoratrici e i lavoratori eseguono senza disturbare. Vale ora per tutti i subordinati, di diritto o di fatto, dagli operai agli ingegneri stipendiati, dai commessi alle finte partite Iva. E la medesima logica di comando pervade ormai pezzi rilevantissimi del settore pubblico. Basta chiedere a un precario della scuola a quale sudditanza sia costretto dal dirigente di turno.
Festeggiamo insomma il primo maggio in una ritornante bengodi dei proprietari e dei loro accoliti. Dai manager di vertice agli ultimi caporali, il loro dominio sul lavoro è oggi quasi del tutto libero da lacci e lacciuoli, normativi o sindacali che siano.
La restaurazione del comando capitalista sul lavoro è fenomeno mondiale, senza eccezioni. Ci sono tuttavia dei casi di scuola, più emblematici di altri. Tra questi, guarda caso, spicca l’Italia.
Primatista internazionale nel crollo degli indici di protezione del lavoro calcolati dall’Ocse, il nostro paese è quello in cui il segno di una rinnovata soggezione di classe si avverte ancor più nitidamente che altrove.
Per i manuali americani che i colleghi economisti insegnano nelle nostre università, il liberato comando capitalista sul lavoro dovrebbe esser fonte di beatitudine economica per l’intera nazione.
La teoria economica prevalente, infatti, stabilisce che dove il capitalista domina la produttività e i salari prosperano.
Sul banco di prova dei dati, tuttavia, questa teoria ancora tanto amata dall’accademia trova riscontri avversi. Nello stesso periodo in cui la politica economica nazionale si accaniva contro i diritti del lavoro, gli andamenti della produttività, delle retribuzioni e delle condizioni generali di lavoro facevano registrare un netto deterioramento. Stando alle statistiche ufficiali, dall’inizio del secolo in Italia la produttività per ora lavorata è cresciuta di appena 2,7 punti e il potere d’acquisto delle retribuzioni è caduto di 5,4 punti. Anche dal punto di vista più estremo, quello dei morti sul lavoro, si avverte un relativo peggioramento: mentre negli anni del conflitto sindacale le vittime sul lavoro crollavano del cinquanta percento, dall’inizio di questo secolo assistiamo ad una inquietante tendenza verso la stabilizzazione del numero di morti.
In sintesi, coi lavoratori soggiogati, i proprietari hanno potuto accrescere i profitti semplicemente schiacciando i salari, senza bisogno di impegnarsi troppo ad accrescere l’efficienza produttiva e la sicurezza.
In Italia il fenomeno è particolarmente vistoso, ma a ben vedere si tratta di una regolarità empirica confermata a livello internazionale. Uno studio di Fontanari e Palumbo pubblicato dall’Institute for New Economic Thinking mostra che anche negli Stati uniti la “debolezza” del lavoro favorisce un regime di accumulazione caratterizzato da bassa produttività. Quel capitalismo straccione che dalle nostre parti viene tanto vezzeggiato, sotto condizioni favorevoli mette radici anche nelle realtà economiche più avanzate del mondo.
Ecco così squadernato l’esito della vertigine del comando: più i lavoratori sono atterriti dagli schiocchi di frusta, più i padroni diventano parassiti capaci solo di frustare. Al crescere della libertà di comando del capitalista, diminuisce proporzionalmente l’efficienza del suo capitale.
Un tempo queste “leggi” materiali di funzionamento del sistema facevano parte del patrimonio di conoscenze dell’intera collettività. Il più delle volte, spettava ai comunisti spiegarle ai liberali, ai conservatori, persino ai fascisti. Con l’evaporazione dei primi, non resta che scegliere tra le variegate ideologie degli altri. Tutte, in un modo o nell’altro, a trattare la libertà del capitale come cosa sacra e inviolabile. E a nascondere la sua mefitica eterogenesi dei fini.
Finché saranno liberi di spargere degrado, i padroni continueranno a festeggiare. Togliere dalle loro mani le bottiglie di champagne: un degno proposito per modernizzare le celebrazioni del primo maggio.
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