Aumenti contrattuali? Non tengono mai conto del reale costo della vita

Gli stanziamenti odierni e futuri per i contratti pubblici ridurranno ulteriormente il nostro potere di acquisto. L’articolo di Federico Giusti.

Qualche giornale ha parlato di grande novità, di innovazione con indubbi benefici per i lavoratori, la legge di bilancio ha previsto stanziamenti per i prossimi contratti nazionali, stanziamenti relativi all’ultimo triennio (il solo contratto arrivato, senza la firma di Cgil e Uil si riferisce al comparto degli statali) e a quello successivo.

È fin troppo facile stanziare in astratto, o a tavolino, l’importo degli aumenti necessari a supportare il costo della vita quando la stessa inflazione dipende da innumerevoli fattori, sarà sufficiente un conflitto bellico, il rincaro delle tariffe energetiche e dei metalli rari per innalzare il costo della vita obbligando, seppure al ribasso, il Governo a rivedere i conti trovando le dovute coperture a ulteriori stanziamenti.

Stabilire delle cifre per i prossimi contratti in base alla presunta inflazione collegata all’andamento del PIL è illogico e anche antiscientifico (la definizione non è nostra ma di alcuni economisti), la manovra di Bilancio che ne consegue si sorreggerà su instabili palafitte in un terreno per altro franoso, prova ne sia l’andamento oscillante, e tendenzialmente al ribasso, della economia europea.

Se poi si gettano in pasto all’opinione pubblica delle cifre decontestualizzate e senza far capire le voci di spesa e i servizi corrispondenti, si rischia di scatenare una guerra, e non solo mediatica, rispetto al lavoro e al servizio pubblico. I 22,95 miliardi di euro per sei anni di rinnovi contrattuali destinati a 3,2 milioni di dipendenti della PA potrebbero diventare strumento anche per un malcontento generale della società (ad arte pilotato) al fine di privatizzare innumerevoli servizi facendo credere all’opinione pubblica che la spesa da sostenere sia fin troppa onerosa per le casse statali. E la opinione pubblica adeguatamente indirizzata e pilotata potrebbe rilevarsi decisiva per una campagna populista a favore del privato proprio per contenere gli sprechi del pubblico. Perché al conto economico sopra evidenziato poi vanno aggiunti Enti locali, Asl e ospedali che devono reperire di loro bilanci le somme necessarie agli aumenti salariali e nel caso di questi ultimi i rinnovi graveranno sul fondo sanitario che in questi anni non ha mai tenuto conto dei reali fabbisogni.

E il quotidiano enti locali de Il Sole 24 Ore parla di 41 miliardi complessivi per aumenti che poi saranno attorno a un terzo del reale costo della vita.

Le obiezioni sono nel merito e nel metodo, prevedere il costo della vita tra 3 anni è impresa ardua stando agli ultimi andamenti economici, il bilancio previsionale della spesa per i rinnovi contrattuali potrebbe dare adito a campagne favorevoli alle privatizzazioni.

Al comune mortale, oggetto di campagne mediatiche farcite da luoghi comuni, sono ignote le nuove regole fiscali europee che impongono agli stati di prevedere una spesa preventiva per i prossimi anni, pensiamo che da qui ai prossimi 7 anni l’Italia sarà sorvegliata speciale di Bruxelles per tornare all’interno dei parametri previsti tra PIL e debito, allora davanti a una economia debole e stagnante la Ue potrebbe chiedere in cambio degli aggiustamenti strutturali che sappiamo essere ulteriori svendite dei beni di famiglia ossia le privatizzazioni.

Non corrisponde a verità che gli stanziamenti decisi per anno siano la causa dei ritardi nei rinnovi contrattuali, le cause sono ben altre, ad esempio, l’irrisorietà della indennità di vacanza contrattuale con importi talmente bassi da non indurre la parte datoriale a sottoscrivere i contratti nei tempi giusti.

Qualcuno obietterà come nel Pubblico avere dei fondi prestabiliti sia invece di aiuto, e per quanto vero possa essere, stabilire risorse inferiori alla inflazione servirà al Governo per presentarsi al cospetto di Bruxelles con qualche credenziale in più.

E non vi vengano a dire che il nuovo CCNL statali preveda di iniziare le trattative entro aprile, anche negli Enti locale vige questa norma che tuttavia resta in sostanza inapplicata.

E davanti agli aumenti del costo della vita registrati nel 2022-23,  il Governo ha fatto ricorso al taglio al cuneo fiscale per accontentare le imprese e avere un’arma di distrazione di massa atta a deviare l’attenzione dalla dinamica contrattuale che determina salari da fame.

Agganciando poi le retribuzioni all’inflazione programmata non  si metterà al riparo l’Esecutivo da sgradite sorprese come gli ultimi anni hanno eloquentemente dimostrato.

E a quel punto non resterà che salvare l’immagine del Governo scaricando l’onere dell’aumento delle tasse sulla fiscalità locale proprio per far fronte ad un aggravio di spesa non compensato da adeguate risorse statali destinate a Comuni, Regioni e Province per non parlare poi degli esigui fondi accordati alla sanità che ormai spingono la cittadinanza verso il privato.

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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