Legge europea sull’IA: pochi divieti e molto controllo

La diffusione dell’Intelligenza Artificiale potrebbe cambiare profondamente la società in cui viviamo e divenire un tema centrale dei prossimi anni. Queste righe, allora, si rendono necessarie per sottoporre al lettore alcune questioni dirimenti, come la rischiosissima libertà d’investimento concessa nel settore o l’assenza di regolamentazione normativa per l’impiego dell’IA in azienda.

di Emiliano Gentili e Federico Giusti

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sull’Intelligenza Artificiale e le sue applicazioni.

La norma vieta alcune pratiche specifiche particolarmente anti-democratiche ed eticamente scorrette, ma non proibisce alcuna applicazione per principio, né alcun tipo di tecnologia digitale. Se quindi, ad esempio, l’identificazione biometrica e il riconoscimento delle emozioni diventano una pratica quasi sempre vietata quando effettuata «in spazi accessibili al pubblico», rimangono legali in generale e, difatti, se ne può prevedere l’utilizzo a vari fini, come quello di prevenire reati o quello di stabilire assunzioni e licenziamenti sul posto di lavoro. In questi casi l’utilizzo viene dichiarato “rischioso”, ma l’unico obbligo che la legge impone alle aziende produttrici e/o utilizzatrici della tecnologia è quello di certificare la conformità della propria attività economica ai requisiti di trasparenza e tracciabilità dei dati richiesti dall’Act.

Per quanto riguarda le applicazioni dell’IA sul posto di lavoro, invece, dall’Artificial Intelligence Act non vengono posti limiti: in totale libertà le imprese potranno continuare a utilizzare le nuove tecnologie per aumentare i ritmi di lavoro, il controllo dei dipendenti e il monitoraggio delle loro prestazioni. L’applicazione sempre più larga dell’Intelligenza Artificiale porterà probabilmente alla diffusione di contraddizioni tra lavoratori e azienda trasversali alle differenti categorie lavorative e ai differenti Paesi, quali:

  • aumento del ritmo di lavoro;
  • isolamento dai colleghi e controllo;
  • sovra-utilizzo degli arti superiori e disturbi muscolo-scheletrici;
  • aumento statistico di stress, depressioni, ansia e altre problematiche psicologiche.

Un AI Act democratico, all’opposto, avrebbe perlomeno dovuto dare indicazioni per prevedere un coefficiente massimo di intensificazione del lavoro e per riconoscere i nuovi tipi di infortuni sul lavoro dovuti all’applicazione delle tecnologie in azienda, specie quelli da usura prolungata anziché da trauma.

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About Federico Giusti

Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo.

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