“Opporsi risolutamente al progetto egemonico statunitense” – Intervento di Giulio Chinappi al Congresso del Partito dei CARC

Il 1° aprile 2023 ha avuto luogo a Roma, presso il teatro dell’Anfitrione, il VI Congresso Nazionale del Partito dei CARC. Di seguito l’intervento di Giulio Chinappi, dal titolo Opporsi risolutamente al progetto egemonico statunitense.

Ringraziando i compagni del Partito dei CARC per l’invito e augurando un proficuo svolgimento del Congresso Nazionale, sottopongo alla vostra attenzione una breve analisi dell’attuale scenario internazionale.

La delicata situazione politica mondiale nella quale ci troviamo attualmente rappresenta la crisi più importante che si sia registrata dalla fine della seconda guerra mondiale. Sebbene nel corso della cosiddetta “guerra fredda” vi siano stati momenti di alta tensione, l’attuale conflitto ucraino potrebbe essere il prodromo di un vero e proprio confronto a viso aperto tra il blocco imperialista a guida statunitense e i suoi principali rivali internazionali, capeggiati dalla Federazione Russa e dalla Repubblica Popolare Cinese.

Considerando l’importanza della questione, inserita nell’ambito della crisi sistemica del capitalismo occidentale, riteniamo fondamentali alcuni chiarimenti che aiutino alla lettura dello scenario globale e ad una presa di posizione che sia coerente con l’essere comunisti nel XXI secolo. 

La Federazione Russa, nata in seguito alla rocambolesca fine dell’Unione Sovietica, da oltre trent’anni non è più un Paese socialista. Dopo la restaurazione forzata del capitalismo e la conclusione dell’esperienza sovietica, nonostante la grande maggioranza della popolazione si fosse espressa in favore del mantenimento dell’URSS, la Russia ha vissuto oltre un decennio di umiliazioni, venendo ridotta al rango di potenza inferiore. Gli scontri interni alla nuova élite russa, in parte pronta alla sottomissione nei confronti dell’atlantismo statunitense, hanno portato all’emergere della figura di Vladimir Putin. Costui, a torto o a ragione, viene oggi considerato in patria come colui che ha riportato la Russia al rango di potenza di primo piano.

Il riemergere della Russia come aspirante potenza globale ha suscitato le ire di Washington, che, dopo aver allargato il proprio impero fino al Mar Baltico e al Mar Nero approfittando del letargo dell’orso russo nel corso degli anni ‘90, ha ora preso d’assalto le ex repubbliche sovietiche, ultimo baluardo difensivo di Mosca, considerato vitale per la sicurezza nazionale russa. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti e i loro vassalli europei hanno fomentato ogni forma di destabilizzazione ai confini della Federazione Russa, a partire dalla cosiddetta “rivoluzione delle rose” georgiana del 2004. Considerando appena gli ultimi tre anni, destabilizzazioni di diverso tipo hanno coinvolto ben otto ex repubbliche sovietiche (Ucraina, Bielorussia, Georgia, Azerbaigian, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Moldova), rivelando il progetto di accerchiamento della Russia, che riprende quello antisovietico del secolo scorso.

La reazione della Federazione Russa di fronte a tali provocazioni era quindi assai prevedibile e in fin dei conti inevitabile. La responsabilità dell’attuale situazione ucraina grava dunque sulle spalle dell’imperialismo atlantista statunitense, e non, come continuano a ripetere i media borghesi, su quelle di Mosca. Dal 2014, anno del colpo di Stato dell’Euromaidan, la Russia ha assunto una posizione attendista, facendo ricorso all’intervento militare come ultima spiaggia dopo numerose provocazioni e violazioni degli accordi di Minsk. Del resto, in una situazione che metteva a repentaglio la sicurezza della Federazione, l’intero spettro politico russo ha sostenuto l’intervento militare in Ucraina, tanto che alcune delle risoluzioni sul Donbass approvate dalla Duma erano costituite da proposte del Partito Comunista della Federazione Russa, e non del partito Russia Unita di Putin.

Mentre gli Stati Uniti sferrano il loro attacco contro la Russia, preparano anche la guerra nel Pacifico, questa volta rivolta contro la Repubblica Popolare Cinese. Al contrario della Federazione Russa, la Cina, pur non scevra da inevitabili aporie, resta ancora oggi un Paese socialista sotto la guida del Partito Comunista Cinese. Negli ultimi anni, la Cina ha raggiunto risultati mai visti nella storia dell’umanità, eradicando la povertà assoluta e migliorando in maniera spettacolare le condizioni di vita materiali della popolazione più numerosa del pianeta. Pur diverso dai socialismi novecenteschi e certamente discostatosi dal maoismo originario, il socialismo cinese dell’era di Xi Jinping si è rivelato in gran parte efficace nelle attuali condizioni interne ed internazionali, dimostrando come, al contrario dei governi occidentali, quello di Pechino non abbia perso di vista l’obiettivo del perseguimento del bene comune.

Contro la Repubblica Popolare Cinese, gli Stati Uniti hanno usato nel corso del tempo le armi del separatismo in Tibet, nello Xinjiang, a Hong Kong e soprattutto a Taiwan. Le attività statunitensi sull’isola di Taiwan, in violazione degli accordi precedentemente presi con Pechino, ricalcano in gran parte quanto accaduto con l’Ucraina, con la differenza sostanziale che Taiwan non è un Paese riconosciuto come indipendente dalla comunità internazionale. Alla luce di tali osservazioni, ne deduciamo che l’obiettivo di Washington sia quello di provocare una crisi nello Stretto di Taiwan al fine di portare la Cina ad una situazione simile a quella vissuta attualmente dalla Russia in Ucraina. 

Ai due principali rivali di Washington, si aggiungono poi quella serie di Paesi che non si allineano ai dettami della massima potenza imperialista mondiale, rendendo di fatto impossibile il progetto di egemonia planetaria che gli Stati Uniti perseguono dal 1945. Gli Stati Uniti stanno accelerando i tempi per il confronto diretto con Mosca e Pechino perché vedono il loro ruolo indebolirsi in molte aree dello scacchiere geopolitico globale, come dimostra il recente accordo raggiunto tra Iran e Arabia Saudita con la mediazione cinese. Il fatto che l’Arabia Saudita, storico alleato degli USA in Medio Oriente, abbia preferito sedersi al tavolo con Iran e Cina dimostra come gli Stati Uniti stiano perdendo il controllo di un quadrante che negli ultimi trent’anni hanno sempre ritenuto di vitale importanza, quello che va dal Sinai all’Afghanistan. Questo significa che il tempo stringe, e che quindi gli USA potrebbero presto cadere nella cosiddetta “trappola di Tucidide”. 

Nella situazione internazionale che abbiamo brevemente descritto, probabilmente destinata ad aggravarsi, è fondamentale, per le classi lavoratrici e per i comunisti di tutto il mondo, opporsi risolutamente al progetto egemonico statunitense secondo le seguenti linee guida:

  • Prendere le difese dei cinque Paesi socialisti superstiti della prima ondata (Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Socialista del Vietnam, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Repubblica Popolare Democratica del Laos, Repubblica di Cuba) e di tutti i Paesi che hanno intrapreso il cammino del socialismo o che sono guidati da governi progressisti antimperialisti, a partire dalla Repubblica Bolivariana del Venezuela;
  • Riconoscere che alcuni Paesi, come la Federazione Russa e la Repubblica Islamica dell’Iran, pur non essendo socialisti ed adottando sistemi politici ed economici lontani da quelli a cui aspiriamo, ricoprono de facto un importante ruolo di argine al progetto egemonico statunitense, essendo a loro volta sottoposti da tempo alla guerra ibrida a suon di attacchi mediatici e sanzioni economiche per la sola colpa di non genuflettersi ai voleri di Washington.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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