Mario Abdo Benítez ha da poco concluso il suo primo anno alla presidenza del Paraguay, tra una popolarità crollata a picco ed uno smaccato servilismo nei confronti del Brasile di Jair Bolsonaro.

Lo scorso 15 agosto, il quarantasettenne Mario Abdo Benítez ha festeggiato il suo primo anno alla presidenza del Paraguay. L’ex senatore, esponente del Partito Colorado (ufficialmente Asociación Nacional Republicana-Partido Colorado – ANR-PC) ha dato vita ad una teatrale conferenza stampa nella quale ha illustrato i risultati ottenuti dal suo governo, accusando invece l’opposizione di destabilizzare il Paese.
Tuttavia, la realtà sembra assai diversa, visto che nella stessa giornata il quotidiano nazionale Última Hora ha pubblicato un sondaggio secondo il quale l’80% dei suoi concittadini non lo rivoterebbe, facendo segnare un netto crollo di popolarità rispetto alla sua vittoria elettorale dell’aprile 2018, quando si impose con il 46.46% delle preferenze.
A Mario Abdo Benítez viene rimproverato soprattutto un atteggiamento si sudditanza nei confronti del Brasile di Jair Bolsonaro, suo alleato più prossimo anche per via delle comuni posizioni iperliberiste e di destra, naturalmente sempre a danno della classe lavoratrice ed a vantaggio dei grandi industriali, ma anche a grande discapito dell’ambiente, come dimostra la crescenze deforestazione dell’Amazzzonia messa in pratica dal presidente brasiliano per far piacere alle multinazionali del settore, al punto che Svezia e Germania hanno deciso di interrompere i loro finanziamenti per la foresta brasiliana “polmone del mondo”. Abdo Benítez ha stipulato diversi accordi per la costruzione di ponti ed infrastrutture al confine tra i due Paesi, ma soprattutto ha firmato degli accordi, inizialmente tenuti segreti, denominati oramai “accordi di Itaipú“. La località di Itaipú si trova al confine tra Brasile e Paraguay ed ospita una enorme diga idroelettrica sul fiume Paraná, inaugurata nel 1984 e considerata come il più grande impianto idroelettrico del mondo.
La diga ha destato non poche preoccupazioni sin dalla sua costruzione, visto che la formazione del relativo lago artificiale ha costretto allo spostamento forzato le comunità indigene guaraní, alle quali non è stato concesso nessun tipo di risarcimento. Inoltre, la costruzione della diga ha portato a notevoli modifiche dell’ambiente circostante, compreso il prosciugamento delle cascate di Guaíra, le più grandi del mondo per portata d’acqua.
Sin dalla sua costruzione, il progetto è sempre stato gestito in comune accordo tra Brasile e Paraguay, anche se con un certo vantaggio per il primo. All’epoca del progetto della diga, risalente agli anni ’70, entrambi i Paesi si trovavano del resto sotto il governo di dittature militari, guidate rispettiavmente da Emílio Garrastazu Médici ed Alfredo Stroessner, ed il trattato originale non ha mai subito modifiche rilevanti sin da allora. I recenti accordi presi da Abdo Benítez e Bolsonaro, però, renderebbero il tutto molto più favorevole al gigante sudamericano, a dimostrazione della sudditanza psicologica del governo di Asunción nei confronti di quello di Brasilia.
Gli accordi segreti firmati lo scorso 24 maggio, e da poco resi pubblici, sono stati denunciati dal Partido Comunista Paraguayo (PCP): “Fedele all’eredità stronista, Mario Abdo Benítez, figlio prediletto della tirannia militare fascista di Alfredo Stroessner, ha firmato lo scorso 24 maggio, alle spalle popolo paraguayano, l’intesa bilaterale con Bolsonaro. In questo documento, il Paese non solo rinuncia alla parte di energia in eccesso che gli spetterebbe a basso costo, ma concede al Brasile il 50% dell’energia paraguayana prodotta ad Itaipú […] con il rischio di non essere in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale di energia“, si legge nel comunicato ufficiale. Paradossalmente, il Paraguay sarebbe costretto, in caso di necessità, a ricomprare la sua stessa energia a prezzi di mercato dall’azienda nazionale brasiliana Electrobras, causando un conseguente aumento dei prezzi per i propri cittadini. “Ancora una volta è la classe operaia della campagna e della città che pagherà i costi di questa trappola“, concludono i comunisti paraguayani, che si sono opposti al progetto della diga ed al trattato tra Paraguay e Brasile sin dal 1973.
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