Giappone: Shinzō Abe mantiene la maggioranza con qualche perdita

Le elezioni di domenica 21 luglio hanno confermato la supremazia politica del premier Shinzō Abe, che però non ha ottenuto abbastanza seggi per procedere alla modifica della Costituzione.

Primo ministro del Giappone ininterrottamente dal 2012, il sessantaquattrenne Shinzō Abe guardava con speranza alle elezioni di domenica 21 luglio, organizzate per rinnovare i deputati che occupano 124 seggi della Camera dei Consiglieri, 74 dei quali eletti con il metodo del voto singolo non trasferibile in 45 distretti elettorali prefetturali, e 50 eletti su scala nazionale con il metodo proporzionale D’Hondt. Nella Dieta bicamerale giapponese, la Camera dei Consiglieri (参議院, Sangiin) rappresenta la camera alta, composta da 245 seggi ed erede dell’antica Camera dei Pari (貴族院, Kizoku-in) di epoca imperiale, paragonabile alla Camera dei Lord britannica. La camera bassa, invece, è la Camera dei Rappresentanti (衆議院, Shūgiin), suddivisa in 465 scranni, che in realtà ha un ruolo predominante per quanto riguarda il potere legislativo (può infatti adottare le leggi con una maggioranza dei due terzi anche in caso di disaccordo con la camera alta).

Il dibattito politico giapponese degli ultimi anni verte soprattutto sulle modifiche costituzionali che il primo ministro in carica vorrebbe apportare per cancellare alcune reminiscenze del testo costituzionale imposto dagli Stati Uniti alla fine della seconda guerra mondiale, compreso il rifiuto della guerra. Tuttavia, la stessa Costituzione nipponica, mai emendata sin dal 1947, prevede la necessità di ottenere la maggioranza dei due terzi in entrambe le camere per poter procedere a cambiamenti nel testo della legge fondamentale del Paese.

Proprio per questo motivo, la vittoria di Abe può essere considerata una vittoria a metà: il risultato della coalizione di governo, infatti, è più che sufficiente per mantenere la maggioranza, ma non abbastanza per raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi. Il primo ministro ha comunque dichiarato la sua soddisfazione per il mantenimento di una solida maggioranza al potere. La campagna elettorale di Abe è stata infatti incentrata sul motto “governo stabile o caos“. “Abbiamo ottenuto un nuovo solido mandato per portare avanti le nostre politiche“, ha dichiarato alla pubblicazione dei primi risultati.

Andando con ordine, partiamo proprio dalla forza politica del primo ministro, il Partito Liberal Democratico (自由民主党, Jiyū-Minshutō), frequentemente abbreviato in Jimintō (自民党) o LDP (dalla sigla inglese Liberal Democratic Party). Come previsto dai sondaggi, i liberal democratici restano nettamente il primo partito su scala nazionale, ma con una flessione che causa un’erosione di dodici seggi (da 125 a 113 complessivi). La perdita del primo partito è compensata solo parzialmente dall’incremento ottenuto dall’altra forza che fa parte della coalizione di maggioranza, il Kōmeitō (公明党), o Partito del Governo Pulito (CGP), guidato da Natsuo Yamaguchi, che invece ha portato la propria rappresentanza da 25 a 28 scranni. In totale, dunque, l’attuale governo controllerà 141 seggi sui 245 dell’emiciclo.

Shinzō Abe sperava poi di ottenere l’appoggio di alcune forze dell’opposizione che però si erano dette favorevoli alla modifica del testo costituzionale. Tra queste, però, il Partito della Speranza ( 希望の党, Kibō no Tō), di Shigefumi Matsuzawa, ex membro del partito del premier, ha perso tutti i suoi tre seggi, mentre il Partito dell’Innovazione del Giappone (日本維新の会, Nippon Ishin no Kai) di Toranosuke Katayama, è salito fino a sedici seggi, un numero comunque insufficiente per arrivare ai 164 seggi necessari per raggiungere i due terzi della camera.

Tra l’opposizione più dura, da registrare l’importante successo del Partito Costituzionale Democratico del Giappone (立憲民主党,Rikken-minshutō), generalmente abbreviato in CDPRikkentō (立憲党), Ritsumintō (立民党) or Minshutō (民主党). La forza politica condotta dall’ex ministro dell’Economia Yukio Edano, nata nel 2017, ha conquistato gran parte dell’elettorato dell’ex Partito Democratico (民進党, Minshintō), divenendo la seconda forza politica del Paese con la conquista di trentadue seggi.

Tiene bene il Partito Comunista del Giappone (日本共産党, Nihon Kyōsan-tō) di Kazuo Shii, che perde un solo seggio e mantiene tredici rappresentanti. Confermano la propria presenza nell’emiciclo anche il Partito Social Democratico (社会民主党, Shakai Minshu-tō) di Seiji Mataichi, con due seggi, mentre sono ben diciassette i membri eletti come indipendenti.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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