Swaziland o eSwatini? I Paesi che cambiano nome

Nel mondo contemporaneo, i cambiamenti di nome da parte degli Stati non rappresentano un fenomeno comune: quando ciò avviene, si tratta generalmente di modifiche nel nome ufficiale, che però lasciano invariato quello di uso comune.

Negli ultimi tempi, tuttavia, ha fatto scalpore la decisione di Mswati III, sovrano (o meglio, Ngwenyama, nell’idioma locale) del Regno dello Swaziland, che, il 19 aprile di quest’anno, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, ha proclamato il cambiamento del nome ufficiale in Regno di eSwatini (Umbuso weSwatini). In realtà, il cambiamento non è così radicale come potrebbe sembrare: in lingua swazi, eSwatini significa “terra degli Swazi”, ovvero la traduzione letterale dell’inglese Swaziland, al punto che la stampa internazionale continua ad utilizzare il nome di Swaziland per designare la piccola monarchia sudafricana con capitale Mbabane. Mswati III, dal canto suo, ha affermato che il cambiamento di denominazione è stato deciso per cancellare il retaggio coloniale del nome inglese, ma anche per evitare confusione con la Svizzera (Switzerland, in inglese).

L’ultimo monarca assoluto ufficialmente al governo in Africa, oltretutto, aveva già iniziato ad utilizzare il nome di eSwatini in precedenza, chiamando così il Paese in patria sin dal 2014, ed addirittura all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2017. Il cambiamento effettivo, però, ancora non si è visto nella pratica: la Costituzione nazionale – dove il nome Swaziland compare oltre duecento volte – non ha subito modifiche, e le grandi compagnie nazionali continuano ad utilizzare la vecchia denominazione, come nel caso della compagnia aerea Swaziland Airlink o della Central Bank of Swaziland. Al contrario, i passaporti nazionali riportavano già da tempo la doppia denominazione. Il prossimo 21 settembre, invece, si terranno le prime elezioni legislative del Paese dal cambiamento di nome.

Questo cambiamento di nome ha creato particolare interesse in quanto si tratta di un fenomeno al quale non siamo più abituati, vista la relativa stabilità degli Stati nel mondo contemporaneo. Al contrario, molti Stati africani cambiarono nome subito dopo l’indipendenza (da Bechuanaland a Botswana, da Rhodesia a Zimbabwe, da Nyasaland a Malawi, da Costa d’Oro a Ghana), o a seguito di eventi rivoluzionari, come quando Thomas Sankara cambiò il nome dell’Alto Volta in Burkina Faso, anche se il cambiamento più noto resta forse quello voluto da Mobutu Sese Seko, che rinominò l’ex Congo Belga in Zaire, denominazione abbandonata nel 1997 in favore di quella tuttora ufficiale di Repubblica Democratica del Congo.

In Europa, se si esclude la nascita di nuovi Stati, l’unico cambiamento rilevante registrato di recente si è avuto nel 2016, quando la Repubblica Ceca ha deciso di adottare ufficialmente il nome abbreviato di Cechia da affiancare a quello esteso, anche se entrambi erano e restano ampiamente utilizzati. Nel 2013, invece, l’arcipelago africano di Capo Verde ha richiesto di cambiare il proprio nome utilizzato dagli anglofoni, con l’adozione del nome portoghese Cabo Verde in sostituzione di Cape Verde. In seguito alla caduta di Muʿammar Gheddafi, invece, la Libia ha modificato il proprio nome ufficiale in Stato di Libia, abbandonando quello precedente di Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista. In Asia, infine, il cambiamento più recente si è avuto nel 1989, quando la Birmania modificò il proprio nome in Myanmar, mentre in America Latina fu Hugo Chávez a sancire il passaggio dalla Repubblica del Venezuela alla Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Nel panorama del nostro continente, bisognerà fare attenzione, però, a quello che avverrà il prossimo 30 settembre: in Macedonia, infatti, si voterà un referendum per modificare il nome del Paese in seguito agli accordi stipulati tra il governo di Skopje e quello greco. La Repubblica di Macedonia, riconosciuta internazionalmente come Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia per via del contenzioso con la Grecia, potrebbe modificare il proprio nome ufficiale in Repubblica della Macedonia del Nord; tuttavia, affinché il cambiamento sia effettivo, dovrà tenersi un referendum parallelo anche tra i cittadini ellenici, il cui esito potrebbe essere decisamente contrario.

Torneremo, nei prossimi giorni, a parlare tanto delle elezioni legislative nello Swaziland – o eSwatini – quanto del referendum macedone.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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