I primi 100 giorni di Trump
Un primo bilancio della nuova amministrazione federale statunitense da parte di Federico Giusti.
Un primo bilancio della nuova amministrazione federale statunitense da parte di Federico Giusti.
Nei primi 100 giorni del suo secondo mandato, Donald Trump ha mostrato un esercizio del potere sempre più autoritario, tra dazi, deportazioni, minacce alle istituzioni e sondaggi in calo che segnalano il crescente disagio dell’opinione pubblica statunitense.
I discorsi di J.D. Vance e gli interventi autoritari di Trump contro università come la Columbia e l’MIT rivelano un conflitto fra potere esecutivo e autonomia accademica. Harvard resiste, sollevando sfide legali e questioni importanti di libertà di espressione.
Il caso di Kilmar Abrego García, arrestato e deportato per “errore amministrativo” in un carcere salvadoregno, espone l’arbitrarietà dell’amministrazione Trump e la resistenza della magistratura a difesa dei diritti, culminata nell’ordine unanime (9‑0) della Corte Suprema di facilitare il suo ritorno negli USA.
In un clima in cui Trump impone e sospende dazi in modo volubile, l’instabilità dei mercati e le reazioni internazionali rivelano un approccio arbitrario alla politica economica, che, insieme alle critiche di Musk, mina la fiducia globale negli Stati Uniti.
Nel Wisconsin, la vittoria di Susan Crawford contro il candidato repubblicano Brad Schimel, sostenuto da Musk, segna una svolta politica cruciale. La battaglia elettorale e le divisioni interne preannunciano effetti sulle future ristrutturazioni dei distretti e sul panorama politico nazionale.
Aumenta il rischio recessione negli Usa e di rallentamento della crescita mondiale.
Nel clima teso degli Stati Uniti, le dichiarazioni di Marco Rubio e le azioni aggressive dell’amministrazione Trump stanno colpendo gli accademici stranieri: oltre 300 visti revocati, arresti e intimidazioni scuotono il mondo universitario, sollevando dubbi su diritti e giustizia, in modo preoccupante.
Nuove rivelazioni dai documenti declassificati illustrano le operazioni criminali della CIA contro Cuba, evidenziando il sabotaggio dello zucchero destinato all’URSS, i tentativi di assassinare Fidel Castro e le infiltrazioni in Costa Rica, dimostrando l’onnipresente strategia imperialista statunitense nella Guerra Fredda.
Corrente politica nata negli anni ’60, il neoconservatorismo ha influenzato le amministrazioni statunitensi da Reagan a Biden, promuovendo un interventismo militare aggressivo. Oggi, con il ritorno di Trump, il movimento sembra aver perso influenza nella politica estera USA.