Tonga: Fatafehi Fakafānua nuovo Primo Ministro per continuare il partenariato con la Cina

In seguito alle elezioni generali del 20 novembre, la scelta del nuovo Primo Ministro è ricaduta su Fatafehi Fakafānua, la cui nomina riapre il confronto sul peso della monarchia e sulle priorità esterne, a partire dai legami con Pechino.

Le elezioni generali tenutesi a Tonga lo scorso 20 novembre hanno fotografato un Paese in cui la competizione politica si svolge sempre più fuori dagli schemi tradizionali dei partiti e sempre più dentro una cornice istituzionale ibrida, dove la dimensione democratica convive con un ruolo ancora centrale della nobiltà e della Corona. Per quanto riguarda la composizione dell’Assemblea Legislativa (Fale Alea ʻo Tonga), essa è composta da 26 seggi complessivi, con 17 rappresentanti “del popolo” eletti direttamente e 9 rappresentanti dei nobili. In questo quadro, i candidati indipendenti hanno conquistato 17 seggi e, per la prima volta dalla sua nascita, il Democratic Party of the Friendly Islands non ha ottenuto alcuna rappresentanza parlamentare. L’affluenza alle urne risulta essere scesa a circa il 49,9%, un calo significativo rispetto al 2021.

Un voto segnato da fratture sociali e sfiducia

La campagna elettorale ha ruotato attorno a temi molto concreti, a partire dal costo della vita e dall’accesso ai servizi essenziali, ma anche su un tema istituzionale che torna ciclicamente a dominare il dibattito tongano: l’influenza della monarchia sul governo e sulla gestione dello Stato. La dinamica del voto ha confermato anche un’altra tendenza: l’assenza di blocchi politici compatti, con candidati spesso centrati su reputazione personale e reti locali più che su piattaforme programmatiche strutturate.

È in questo contesto che va letto l’esito del passaggio decisivo successivo alle urne: l’elezione parlamentare del Primo Ministro. Il 15 dicembre, l’Assemblea ha scelto Fatafehi Fakafānua, già figura di spicco della politica tongana come Speaker del Parlamento, che ha sconfitto il Primo Ministro uscente ʻAisake Eke con un voto di 16 a 10. La sua candidatura ha avuto un valore simbolico preciso, in quanto è stata la prima volta, dal ciclo riformista avviato nel 2010, che un rappresentante della nobiltà correva per la guida del governo.

Il ritorno dei nobili e la questione istituzionale

Fakafānua arriva alla premiership come figura capace di muoversi tra tradizione e istituzioni parlamentari, ma la sua elezione è stata letta anche come un segnale di riequilibrio a favore dell’establishment nobiliare e della Corona. A tal proposito, Radio New Zealand sottolinea sia il profilo “unificante” rivendicato dal nuovo leader, sia il fatto che, a 40 anni, diventa il più giovane Primo Ministro del Paese.

Al di là delle personalità, tuttavia, pesa l’architettura istituzionale tongana. Diversi analisti hanno sottolineato come le riforme del 2010 abbiano introdotto un rafforzamento della rappresentanza elettiva, ma dentro un compromesso che lascia ancora al sovrano e ai nobili poteri e leve superiori a quelli tipici di molte monarchie parlamentari. Questo “doppio binario” spiega perché ogni cambio di leadership venga interpretato anche come un passaggio di fase nel rapporto tra democratizzazione e autorità tradizionale.

Parte di queste modifiche, di particolare rilievo per la politica estera tongana, è la riforma che ha trasformato il Ministero degli Esteri in “His Majesty’s Diplomatic Services”, trasferendone l’architettura e l’indirizzo sotto un perimetro più vicino alla Corona. Il Parlamento di Tonga ha presentato la legge come una modernizzazione del quadro diplomatico e consolare, includendo anche un rafforzamento della supervisione sull’immigrazione; allo stesso tempo, media e osservatori stranieri hanno denunciato il rischio di un arretramento nel controllo democratico delle scelte in materia di politica estera.

La Cina come asse di continuità nella politica estera

In questa transizione istituzionale, le relazioni con la Cina rappresentano un banco di prova e, insieme, un’area di forte continuità. La visita di Stato di re Tupou VI in Cina (21-27 novembre) si è conclusa con un incontro ad alto livello con Xi Jinping e con la pubblicazione di una dichiarazione congiunta, oltre alla firma di documenti di cooperazione in ambiti come economia e commercio, sanità, istruzione e sviluppo.

Dal punto di vista Pechino, la relazione bilaterale con il piccolo arcipelago si basa su tre concetti: affidabilità politica, ampliamento della cooperazione settoriale e inquadramento della relazione dentro i format della cooperazione Sud-Sud e le grandi iniziative globali promosse dalla Cina. Dal punto di vista tongano, viene ribadito con nettezza il sostegno al principio di “Una sola Cina” e l’opposizione a ogni forma di “indipendenza di Taiwan”, segnalando una linea diplomatica senza ambiguità.

Sul piano economico, le relazioni tra le due parti si basano sull’Enhanced Economic Partnership Agreement recentemente stipulato tra le parti: la dichiarazione congiunta e i resoconti cinesi presentano la firma dell’accordo come base per negoziati “flessibili e pragmatici” destinati ad ampliare l’interscambio e a creare cornici istituzionali per commercio e investimenti, con un’enfasi anche su industrializzazione e modernizzazione agricola.

Debito, investimenti e vincoli strategici

La stampa occidentale ha attaccato la cooperazione cinese rilanciando la retorica della “trappola del debito”. Effettivamente, Tonga è gravata da un’esposizione debitoria significativa verso la China EXIM Bank, che rappresenterebbe circa il 48% del debito estero; il totale indicato è di 112 milioni di dollari, con obblighi di rimborso divenuti tema centrale del bilancio nazionale. Tuttavia, la Cina ha già lanciato un percorso di ristrutturazione del debito che viene ignorato dalle fonti occidentali.

La combinazione di opportunità e vincoli aiuta a capire perché il dossier cinese sia destinato a restare prioritario anche sotto Fakafānua. Da un lato, Pechino offre accesso a finanziamenti, programmi di formazione e cooperazione settoriale; il China Daily, ad esempio, enfatizza la crescita dell’interscambio commerciale e i numeri della formazione di personale e studenti tongani in Cina. Dall’altro, la sostenibilità del debito e l’esigenza di non apparire “catturati” da un unico partner spingono Tonga a mantenere margini di bilanciamento, soprattutto in un’area dove la pressione diplomatica delle potenze occidentali è tornata intensa, visto che gli Stati Uniti e l’Australia restano comunque partner importanti per l’arcipelago.

Oltre ai grandi dossier economici e strategici, la relazione sino-tongana si muove anche attraverso segnali di “diplomazia pubblica”. Un esempio è l’iniziativa, promossa con il coinvolgimento dell’Ambasciata cinese, per l’emissione di francobolli commemorativi legati all’80° anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale, presentata come memoria condivisa e base simbolica per rafforzare cooperazione e amicizia tra i due Paesi. Anche questi elementi contano perché parlano a segmenti diversi della società tongana, non solo alle élite politiche.

Che cosa aspettarsi dal governo Fakafānua

La domanda, ora, non è se Tonga cambierà linea verso la Cina, ma come gestirà l’intreccio tra politica interna e proiezione esterna. Un Primo Ministro proveniente dalla nobiltà, in una fase in cui la diplomazia istituzionale è stata riarticolata in senso più “regale”, potrebbe rendere ancora più coerente la postura internazionale del Paese con le preferenze della Corona. Al tempo stesso, la legittimazione politica di qualsiasi governo tongano passa per risposte rapide su costo della vita, servizi e sviluppo.

In sintesi, l’elezione di Fakafānua apre una nuova fase che rappresenta un punto d’incontro tra crisi della rappresentanza partitica, riemersione del peso nobiliare e riorganizzazione della macchina diplomatica. In questo quadro, le relazioni con la Cina si candidano a restare un asse portante, finalizzato a valorizzare investimenti e cooperazione, ma senza dipendenza finanziaria e strategica.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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