Putin a Biškek: l’asse russo-kirghiso tra sicurezza eurasiatica, energia e nuova integrazione economica

Alla fine di novembre Vladimir Putin ha compiuto una visita di Stato in Kirghizistan che ha rilanciato l’alleanza strategica con Sadır Japarov. Accordi su sicurezza, pagamenti in valute nazionali ed energia, cooperazione umanitaria e universitaria. Sullo sfondo, le elezioni legislative anticipate del 30 novembre.

La visita di Stato di Vladimir Putin in Kirghizistan, svoltasi tra il 25 e il 27 novembre in corrispondenza del vertice dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), ha avuto luogo in un momento in cui l’Eurasia è attraversata da tensioni geopolitiche e da una ristrutturazione dei flussi economici sotto la pressione delle sanzioni occidentali contro Mosca. In questo contesto, l’approdo del presidente russo a Biškek ha rappresentato un segnale politico preciso, riaffermando che Russia e Kirghizistan intendono consolidare un rapporto definito da entrambe le parti come “partenariato strategico e alleanza”, trasformando la prossimità storica e culturale in un’agenda operativa fatta di sicurezza, energia, commercio, infrastrutture e cooperazione umanitaria.

Putin è arrivato nella capitale kirghisa il 25 novembre per una visita di tre giorni, accolto con una cerimonia solenne all’aeroporto di Manas, dove il suo omologo kirghiso Sadır Japarov lo ha ricevuto personalmente ai piedi dell’aereo presidenziale. Il programma, secondo quanto anticipato dall’assistente presidenziale Jurij Ušakov, si è aperto con un gesto simbolico: la deposizione di corone presso la Fiamma Eterna situata in Piazza della Vittoria, un rito che richiama la memoria condivisa della vittoria nella Seconda guerra mondiale e, più in generale, il lascito sovietico come elemento ancora centrale nella legittimazione reciproca. A seguire, un incontro informale e una cena hanno preparato il terreno alla giornata decisiva del 26 novembre, dedicata ai negoziati bilaterali e alla firma dei documenti, mentre il 27 novembre è stato riservato al vertice dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, ospitato proprio in Kirghizistan.

Il cuore politico della visita è emerso con chiarezza durante l’incontro tra i due presidenti il 26 novembre. Putin ha insistito sul fatto che i rapporti tra Mosca e Biškek “avanzano con successo” sulla base del “trattato fondamentale di amicizia e cooperazione”, sottolineando il metodo che la Russia rivendica come distintivo: “mutuo rispetto”, attenzione agli interessi reciproci e sviluppo “nello spirito di alleanza”. Alla vigilia del Consiglio di Sicurezza Collettiva della CSTO, Putin ha inoltre elogiato il Kirghizistan per il lavoro svolto nel 2025 alla presidenza dell’organizzazione e ha ricordato che la Russia subentrerà nel ruolo guida nel 2026, anno in cui intende delineare le “aree prioritarie” della propria presidenza. La dimensione regionale e quella bilaterale si sono così fuse, dimostrando come Biškek non sia soltanto un partner, ma un tassello della costruzione russa di un’architettura di sicurezza eurasiatica.

In questa prospettiva si inserisce l’enfasi posta sulla base militare russa unificata in Kirghizistan, indicata da Putin come “un fattore vitale di stabilità nella regione”. In questo modo, Mosca rafforza l’idea di un ombrello di sicurezza condiviso nel quadro CSTO, con capacità di intervento rapido e con una funzione specifica di protezione dello spazio aereo dei Paesi membri, e allo stesso tempo segnala che la cooperazione militare con Biškek resta strutturale e non contingente, inserita in una rete più ampia che comprende anche l’allineamento in organizzazioni come Unione Economica Eurasiatica (UEE), Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e Nazioni Unite, oltre al coordinamento in vista della presidenza kirghisa dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), assunta in settembre.

Accanto al pilastro securitario, i colloqui hanno dato priorità anche all’economia. Putin ha dichiarato che l’attenzione principale dei negoziati è stata rivolta allo sviluppo della cooperazione economica, evidenziando come l’interscambio abbia raggiunto un record “superando i 4 miliardi di dollari” l’anno precedente e come nel 2025 i flussi commerciali stiano crescendo a un ritmo intorno al 17%. In un passaggio particolarmente significativo, il presidente russo ha illustrato il livello di “de-dollarizzazione” già raggiunto: circa il 97% dei pagamenti avviene in valute nazionali, con il rublo a svolgere un ruolo dominante nelle transazioni commerciali. In un contesto di restrizioni finanziarie e di pressione sui canali bancari, la costruzione di meccanismi di regolamento alternativi viene presentata come prova di resilienza e come anticipo di un futuro ordine economico più autonomo dall’Occidente.

Sullo stesso asse si colloca il dato sugli investimenti russi in Kirghizistan, che Putin ha quantificato come ormai prossimi ai 2 miliardi di dollari, mentre Sadır Japarov ha offerto un’altra misura della profondità economica della relazione: secondo il leader kirghiso, il numero di imprese russe presenti nel Paese sarebbe salito nel 2025 a circa 1.800, triplicando rispetto a pochi anni fa. Sadır Japarov ha ribadito che la Russia resta “uno dei maggiori partner commerciali ed economici” del Kirghizistan e ha definito Mosca “alleato strategico, partner affidabile e buon amico”, richiamando una retorica di fraternità che a Biškek ha anche una funzione interna, perché segnala continuità e stabilità in un Paese tradizionalmente esposto a cicli di mobilitazione politica e cambi di leadership.

Il punto di massima formalizzazione è stato la firma di una dichiarazione congiunta volta ad approfondire cooperazione e partenariato “in un ambiente globale in rapido cambiamento”. Il documento è stato presentato come “strategico” e proiettato su obiettivi di lungo periodo. In parallelo, i due leader hanno assistito allo scambio di sette documenti firmati a margine della visita, che delineano un’agenda concreta e diversificata. Tra questi figurano un protocollo di modifica del trattato sulla cooperazione tecnico-militare, un accordo intergovernativo sul benessere sanitario ed epidemiologico delle popolazioni, e un quadro legale per l’apertura di uffici di rappresentanza delle autorità competenti per affari interni e migrazione nei rispettivi Paesi: un tema, quello migratorio, cruciale per Biškek, vista la presenza di una consistente diaspora lavorativa in Russia. Vi è poi un accordo per la costruzione di un campus dell’Università slava kirghiso-russa «Boris Elʹcin», un memorandum tra i ministeri della salute focalizzato sulla cardiologia, un’intesa di pianificazione strategica tra i ministeri dell’economia, e un accordo di intenti tra le poste russe e quelle kirghise.

Particolare rilievo è stato dato al dossier energetico, fondamentale per entrambe le parti. Il Kirghizistan, infatti, riceve risorse fondamentali a condizioni preferenziali da parte di Mosca, mentre la Russia sta consolidando la propria posizione come fornitore e investitore nel Paese e nella regione dell’Asia centrale. Putin ha affermato che Mosca copre interamente il fabbisogno kirghiso di benzina e diesel “a condizioni preferenziali” e senza dazi di esportazione, sottolineandone il beneficio diretto per l’economia locale. Sul gas, ha ricordato il ruolo di Gazprom nella fornitura e nello sviluppo della rete di distribuzione, indicando investimenti superiori a 400 milioni di dollari che avrebbero consentito di aumentare la metanizzazione del Paese fino al 42%, con l’impegno a proseguire. Nello stesso perimetro rientrano i progetti sulla generazione elettrica e sulla modernizzazione degli impianti idroelettrici, nonché l’idea di una grande centrale solare nell’area di Issyk-Kul e di una nuova centrale termica nel nord del Kirghizistan.

L’elemento più innovativo, e politicamente sensibile, è stato tuttavia l’annuncio relativo al nucleare civile. Putin ha dichiarato che la Russia sta studiando la possibilità di costruire la prima centrale nucleare del Kirghizistan, puntando su tecnologie di piccoli reattori modulari, presentati come conformi ai più severi standard di sicurezza e protezione ambientale. Il 27 novembre, parlando con i giornalisti, ha ribadito che la Russia è pronta a implementare un progetto di centrale nucleare di piccola capacità, sottolineando che Mosca risulta attualmente essere l’unico Paese al mondo a realizzare tali progetti su questa scala. Per Biškek, che soffre ciclicamente di carenze energetiche, il nucleare modulare viene proposto come salto tecnologico e come garanzia di continuità; per Mosca, è un veicolo di influenza industriale e strategica, oltre che un mercato di lungo periodo per Rosatom.

Nelle dichiarazioni finali, la cornice ideologica dell’intesa è stata esplicitata nella denuncia di un ordine internazionale percepito come instabile e nella chiamata a un mondo multipolare, fondato sul diritto internazionale e su un’architettura di sicurezza “uguale e indivisibile” in Eurasia. È un lessico che salda il bilaterale al regionale e al globale, e che assegna al Kirghizistan un ruolo non marginale, in quanto partner fondamentale in un progetto di integrazione eurasiatica che passa da CSTO, UEE, CSI e SCO.

Un aspetto meno visibile ma decisivo riguarda la dimensione umanitaria e culturale, che Putin ha valorizzato in un’intervista a Nomad TV. Di fronte alla questione delle sanzioni e delle difficoltà esterne, il presidente russo ha riconosciuto che Mosca e Biškek riflettono su come minimizzare le restrizioni, ma ha insistito sul fatto che l’attenzione è rivolta al futuro. Il punto, secondo Putin, è che i due Paesi condividono qualcosa di più della semplice appartenenza alle organizzazioni regionali: relazioni tra le persone, legami interpersonali, rispetto per cultura e lingua. In questo quadro ha espresso apprezzamento per lo status del russo come lingua ufficiale in Kirghizistan e ha lodato gli sforzi di Sadır Japarov per aprire nuove scuole e invitare insegnanti russi, indicando nell’educazione e nella cultura la base per andare avanti insieme. Ha poi evocato la cooperazione tecnologica, citando Yandex non solo come servizio di consegne e taxi, ma come attore nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie.

Concludiamo con una piccola nota sulla politica interna kirghisa. l 30 novembre il Paese ha tenuto elezioni parlamentari anticipate per rinnovare i 90 deputati del Coğorqu Keňeş, il Consiglio Supremo. Secondo le informazioni diffuse, il voto si è svolto con un sistema maggioritario con 30 circoscrizioni che eleggono tre deputati ciascuna, assenza di soglia di affluenza, uso esteso di tecnologie come urne elettroniche con trasmissione immediata dei risultati preliminari e successivo conteggio manuale per la proclamazione ufficiale. I dati logistici indicano un elettorato di oltre 4,29 milioni di persone, con 2.492 seggi nel Paese e 100 seggi all’estero in 34 Stati, di cui 40 in Russia, vista la forte presenza di immigrati kirghisi nella Federazione.

Sul piano politico, le elezioni sono state di fatto un passaggio destinato a consolidare il potere del presidente Sadır Japarov, in una competizione priva di partiti di opposizione strutturati e con la maggioranza dei seggi assegnati a deputati formalmente indipendenti. In questa lettura, l’intensificazione dei rapporti con Mosca, culminata proprio nella visita di Putin, diventa anche un elemento di legittimazione interna: la stabilità promessa dal potere kirghiso viene agganciata alla stabilità garantita dall’alleato russo, mentre l’economia nazionale, attraversata da dinamiche di crescita e da frizioni sociali, viene connessa ai circuiti commerciali e finanziari che ruotano attorno alla Russia.

Biškek ha dunque mostrato di voler restare un partner centrale di Mosca nell’Asia centrale, e Mosca ha ribadito che, nonostante le pressioni esterne, può ancora offrire sicurezza, energia, investimenti, infrastrutture finanziarie e progetti di modernizzazione tecnologica. La dichiarazione congiunta e i sette documenti firmati sono la traduzione di un rapporto che si fonda su un’eredità comune e, nella pratica, su un intreccio crescente di interessi. Con il voto parlamentare del 30 novembre a fare da sfondo, il messaggio complessivo è stato quello di una continuità: continuità dell’alleanza russo-kirghisa e continuità di una traiettoria politica kirghisa che punta a ridurre l’incertezza. In entrambi i casi, la fine di novembre ha segnato un’accelerazione, e il 2026, con la presidenza russa della CSTO e quella kirghisa della SCO, potrebbe offrire un nuovo palcoscenico per dare forma a quanto promesso a Biškek.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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