Le Isole Pitcairn, il territorio meno popolato al mondo

Storia, istituzioni e contraddizioni del piccolo arcipelago al tempo delle elezioni del 2025.

Le elezioni generali dello scorso 5 novembre nelle Isole Pitcairn, che hanno portato all’elezione di Shawn Christian a sindaco e al rinnovo dell’Island Council, offrono l’occasione per guardare più da vicino una delle realtà politiche più singolari del pianeta: un arcipelago di poche decine di abitanti (appena 35 secondo le stime ufficiali più recenti), formalmente territorio britannico, che tuttavia dispone di un proprio sistema istituzionale, di elezioni regolari e di una storia politica lunga oltre due secoli.

Un arcipelago remoto e quasi spopolato

Le Isole Pitcairn sono un territorio d’oltremare del Regno Unito nel Pacifico meridionale, a migliaia di chilometri dalle coste continentali più vicine. L’unico centro abitato, Adamstown, si trova sull’isola principale, un cratere vulcanico rivolto verso l’oceano. La popolazione ha raggiunto il massimo nel 1937, con 233 abitanti, per poi diminuire progressivamente a causa dell’emigrazione, soprattutto verso la Nuova Zelanda: oggi i residenti stabili sono meno di cinquanta, secondo stime che oscillano intorno alle 35–40 persone.

L’isolamento è estremo: l’isola può essere raggiunta solo via mare, dopo giorni di navigazione, e le navi che portano rifornimenti partono in genere dalla Nuova Zelanda poche volte l’anno. Questa condizione geografica non è un semplice dato scenografico, ma un fattore politico decisivo: la scarsità di popolazione, la dipendenza logistica dall’esterno e le limitate opportunità economiche condizionano ogni scelta, dal reclutamento dei quadri amministrativi alla definizione delle politiche pubbliche.

L’economia locale è basata su attività di nicchia: turismo di crociera e di spedizione, vendita di francobolli e monete ai collezionisti, dominio internet .pn, artigianato e soprattutto miele e altri prodotti locali commercializzati via posta o online. Accanto a queste fonti di reddito, il territorio dipende in misura significativa dagli aiuti finanziari del Regno Unito.

Negli ultimi anni, le Pitcairn hanno cercato di valorizzare anche la propria dimensione ambientale: nel 2016 è stata istituita una vasta area marina protetta che copre l’intera zona economica esclusiva del territorio, una delle più grandi al mondo, e nel 2023 è stata inaugurata la Marine Science Base per la ricerca scientifica e il monitoraggio dell’ecosistema. La tutela dell’oceano e la possibilità di attrarre scienziati e turisti “di nicchia” entrano così a pieno titolo nell’agenda politica dell’arcipelago.

Dal mito del Bounty alla colonia britannica

L’immagine delle Pitcairn è indissolubilmente legata al mito dell’ammutinamento del Bounty. Nel 1790, un gruppo di ammutinati della nave britannica Bounty, guidati da Fletcher Christian, approdò sull’isola insieme a compagne e compagni polinesiani, bruciando la nave per cancellare le tracce e dando vita a una comunità isolata, in cui discendenti britannici e tahitiani si sono mescolati per generazioni.

In realtà, la storia dell’arcipelago è più complessa. Le ricerche archeologiche mostrano che Pitcairn e la vicina Henderson erano già state abitate da popolazioni polinesiane almeno dall’XI secolo, con una rete di scambi che collegava le isole dell’area di Mangareva, attualmente facenti parte della Polinesia Francese. Quella prima civiltà si estinse probabilmente per ragioni ecologiche e demografiche, lasciando l’arcipelago disabitato prima dell’arrivo europeo.

Il primo europeo ad approdarvi, il 26 gennaio 1606, fu il navigatore portoghese Pedro Fernandes de Queirós, in spedizione per conto della monarchia spagnola. Il 3 luglio 1767, invece, furono i britannici a raggiungere l’isola di Pitcairn, chiamata così dal nome del marinaio quindicenne che fu il primo ad avvistarla.

Nel 1838, dopo decenni di contatti irregolari con navi britanniche e statunitensi e una fase di conflitti interni, gli isolani chiesero alla Royal Navy di formalizzare una costituzione e un codice di leggi: sotto la guida del capitano Elliott della HMS Fly venne redatto il primo testo costituzionale, che sanciva l’inclusione delle Pitcairn nell’orbita britannica e codificava le regole di governo della piccola comunità.

Già in quell’epoca le Pitcairn si distinsero per un tratto che oggi potremmo chiamare “democrazia anticipatrice”: le discendenti femminili degli ammutinati ottennero il diritto di voto per i consigli locali nel 1838, molto prima che negli Stati sovrani europei o nelle stesse colonie britanniche fossero riconosciuti i diritti politici alle donne.

Nel corso dell’Ottocento, il crescente numero di abitanti portò Londra a organizzare un trasferimento di massa a Norfolk Island nel 1856, ma una parte della popolazione decise in seguito di rientrare a Pitcairn. Nel 1938 Henderson, Oeno e Ducie – tre isole disabitate della zona – furono annesse e unite amministrativamente a Pitcairn, formando il gruppo insulare che conosciamo oggi.

La condizione coloniale dell’arcipelago è riconosciuta anche a livello internazionale: dal 1946 le Pitcairn figurano nella lista ONU dei Territori non autonomi, a testimonianza del fatto che la popolazione non ha ancora esercitato il diritto all’autodeterminazione in forma di indipendenza o associazione.

Il sistema politico: una democrazia parlamentare in miniatura

Dal punto di vista formale, la politica delle Isole Pitcairn si svolge nel quadro di una democrazia parlamentare rappresentativa, incardinata però in un rapporto di dipendenza dalla Corona britannica. Il capo dello Stato è il re Carlo III, rappresentato dal governatore, che coincide con l’Alto Commissario britannico in Nuova Zelanda, attualmente Iona Thomas.

Il potere esecutivo locale è affidato a tre figure. Il governatore mantiene la responsabilità ultima per la “pace, l’ordine e il buon governo” del territorio e conserva il potere di emanare leggi, previa consultazione con l’Island Council, in base al Pitcairn Constitution Order del 2010. L’amministratore, residente sull’arcipelago o in Nuova Zelanda, gestisce gli aspetti pratici della governance, dai servizi pubblici alle relazioni economiche. Il sindaco, eletto direttamente dagli abitanti, è di fatto il capo del governo locale e presiede la maggior parte delle decisioni comunitarie.

L’Island Council costituisce l’organo legislativo unicamerale. È composto da dieci membri: il sindaco e il presidente del Consiglio come membri di diritto, quattro consiglieri eletti a suffragio universale, un membro cooptato dagli eletti, due membri nominati dal governatore (incluso il segretario dell’isola, anch’egli membro ex officio) e un commissario non residente che funge da cerniera tra Consiglio e governatore. Il sindaco è eletto per tre anni, mentre i consiglieri hanno in genere mandati di un anno; le elezioni si tengono a intervalli regolari, con consultazioni distinte per sindaco, vice-sindaco e consiglieri. Non esistono partiti politici: tutti i candidati sono formalmente indipendenti, e la politica locale è fortemente personalizzata.

La Costituzione del 2010 ha introdotto un catalogo di diritti fondamentali ispirato alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e ha rafforzato l’architettura giudiziaria, con l’istituzione di una Corte Suprema e di una Corte d’Appello. I giudici sono per lo più magistrati neozelandesi, nominati dal governatore, e i processi possono svolgersi sia sull’isola sia in Nuova Zelanda, con collegamenti video per garantire la partecipazione degli abitanti.

Il sistema giudiziario è stato messo alla prova in modo drammatico nel 2004, quando un terzo circa degli uomini adulti dell’isola fu processato per reati di violenza sessuale contro minori, in procedimenti che portarono a condanne e alla rimozione del sindaco dell’epoca. Questi processi hanno avuto un impatto profondo sull’immagine internazionale delle Pitcairn e sulla stessa percezione interna dello Stato di diritto, spingendo Londra a consolidare il quadro costituzionale e giudiziario.

Sfide strutturali: spopolamento, dipendenza e ambiente

Le Pitcairn si confrontano con nodi strutturali che influenzano profondamente il sistema politico. Il primo è il rischio di spopolamento. L’invecchiamento della popolazione, il numero ridottissimo di bambini e la difficoltà di attrarre nuovi residenti mettono in questione la stessa sostenibilità della democrazia insulare: con una trentina di elettori, la distinzione tra corpo sociale e istituzioni tende a sfumare e la possibilità di ricambio politico è limitata.

Il secondo nodo è la dipendenza economica e amministrativa dal Regno Unito. Senza i trasferimenti di Londra e senza il supporto tecnico e logistico garantito dall’amministrazione britannica e dalla Nuova Zelanda, l’arcipelago non sarebbe in grado di mantenere infrastrutture e servizi essenziali. Questo limita l’autonomia effettiva delle istituzioni locali e rende improbabile, nel breve periodo, qualunque progetto di piena indipendenza, pur in presenza del riconoscimento ONU come territorio non autonomo.

Il terzo elemento è la centralità sempre maggiore della dimensione ambientale. La gestione dell’enorme area marina protetta, la tutela delle specie minacciate e il monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico sul fragile ecosistema insulare richiedono capacità tecniche e risorse che vanno ben oltre le forze della comunità locale. Qui il rapporto tra istituzioni pitcairnesi e governi britannici, ONG internazionali e comunità scientifica diventa un terreno decisivo di negoziazione, ma anche una potenziale fonte di legittimazione per il minuscolo governo dell’isola, che può presentarsi come custode di un patrimonio ambientale globale.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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