Trump contro il mondo: il miraggio del potere

La minaccia di un intervento militare statunitense in Venezuela, le dimissioni al vertice del Comando Sud e il rifiuto dei governi latinoamericani di seguire Washington mostrano un potere americano frammentato: Trump affronta resistenze interne, crisi internazionale e perdita di legittimità.

La minaccia di intervento militare degli Stati Uniti contro il Venezuela, spinta dal presidente Donald Trump, si rivela come un sintomo di decomposizione geostrategica più che come una dimostrazione di forza. Le dimissioni dell’ammiraglio Alvin Holsey, capo del Comando Sud, in piena operazione nei Caraibi, hanno messo a nudo le fratture interne nella struttura militare statunitense. La sua uscita, accompagnata da dichiarazioni di alti comandi che si rifiutano di “servire dei dittatori”, segna un punto di inflessione nel rapporto tra potere civile e apparato militare.

A livello interno, l’appello allo sciopero generale da parte del governatore dell’Illinois e la crescente resistenza nel Congresso — dove democratici e repubblicani moderati mettono in discussione la legalità e la fattibilità di un’aggressione — mostrano che la politica estera di Trump non gode dell’appoggio unanime delle istituzioni. La frattura interna si acutizza in un contesto di polarizzazione sociale, crisi economica e logoramento istituzionale.

Sul piano internazionale, la situazione è ancora più complessa. La guerra irrisolta in Ucraina ha lasciato Washington senza una vittoria chiara, mentre il “piano di pace” per Gaza promosso da Jared Kushner è stato criticato perché privilegia interessi immobiliari rispetto alle soluzioni umanitarie. Le tensioni con Russia e Cina, alimentate da sanzioni e dazi, hanno riattivato una logica dei blocchi che ricorda i momenti peggiori della Guerra fredda.

L’America Latina, storicamente considerata il “cortile di casa” degli Stati Uniti, ha alzato la voce. Il presidente Gustavo Petro ha respinto qualsiasi partecipazione a un’aggressione contro il Venezuela, mentre Lula da Silva e la presidente del Messico hanno fatto appello al principio di non ingerenza. Questa resistenza regionale non è solo politica, ma etica: rifiuta di legittimare una guerra che risponde più a interessi elettorali che a principi democratici.

Trump si trova di fronte a molteplici fronti: una struttura militare che si incrina, una società che si mobilita, un Congresso che resiste e una comunità internazionale che lo sfida. Il Venezuela, tutt’altro che un obiettivo facile, si trasforma nell’epicentro di una crisi che mette a nudo il miraggio del potere imperiale. La storia non si scrive con le minacce, ma con la legittimità. E oggi, quella legittimità gli sta scivolando di mano.

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About Juan Eduardo Romero

Juan Eduardo Romero. Storico venezuelano, dottore in Storia Contemporanea dell’America Latina, docente presso la Facoltà di Scienze Umanistiche e dell’Educazione dell’Università dello Zulia (Maracaibo, Venezuela). Ricercatore specializzato in processi politici contemporanei. È Direttore Nazionale del Centro di Ricerca e Studi Politici e Strategici (CIEPES) e Coordinatore della Rete di Storia, Memoria e Patrimonio, sezione Zulia. È inoltre consulente della Segreteria del Consiglio di Difesa della Nazione (SECODENA) della Repubblica Bolivariana del Venezuela, membro della Rete di Studi sulla Sicurezza e la Difesa dell’America Latina (RESDAL), membro dell’Asociación de Historia Actual (AHA) e membro del Collettivo di Formazione "Combates por la Historia".

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