La crisi dei Shinawatra e il nuovo corso della Thailandia: prospettive politiche ed equilibri regionali

La destituzione di Paetongtarn Shinawatra, la condanna del padre Thaksin e l’elezione del nuovo Primo Ministro Anutin Charnvirakul segnano una fase di svolta per la Thailandia. Il futuro politico del Paese appare incerto, ma con implicazioni significative anche per la politica estera e gli equilibri del Sud-Est asiatico.

Articolo pubblicato su Strategic Culture Foundation

Come abbiamo sottolineato nel nostro precedente articolo, lo scorso 29 agosto la Thailandia ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua politica recente, in quanto la Corte costituzionale ha destituito il Primo Ministro Paetongtarn Shinawatra, figlia dell’ex premier Thaksin Shinawatra, a seguito di uno scandalo etico legato a una telefonata con il de facto leader cambogiano Hun Sen. Durante la conversazione, Paetongtarn aveva criticato un comandante dell’esercito thailandese, suscitando indignazione pubblica e accuse di slealtà verso le istituzioni nazionali. La decisione della Corte costituzionale, la sesta volta in due decenni in cui un membro della famiglia Shinawatra viene rimosso dal governo, ha sancito la fine prematura dell’esecutivo guidato dal Pheu Thai Party e ha aperto una nuova fase di instabilità politica nel regno.

Come detto, il caso di Paetongtarn non è isolato, ma si inserisce in una più ampia strategia di controllo esercitata dalle istituzioni giudiziarie e dal complesso militare-realistico della Thailandia, che hanno storicamente agito come garanti dell’ordine costituzionale e, secondo alcuni analisti, come freno alla potente dinastia Shinawatra. La destituzione ha avuto immediatamente ripercussioni sulle alleanze politiche, con il Pheu Thai che ha visto compromessa la propria capacità di negoziare e ha perso il sostegno di alleati chiave. L’effetto politico della decisione è stato aggravato dalla contestuale debolezza della coalizione di governo nel realizzare promesse economiche fondamentali, come l’aumento del salario minimo, la regolamentazione del gioco d’azzardo e i programmi di sostegno sociale, che avevano contribuito a rafforzare la popolarità del partito negli anni precedenti.

Nel contesto di questo vuoto di potere, il 5 settembre, il Parlamento di Bangkok ha eletto Anutin Charnvirakul, leader del conservatore Bhumjaithai Party, come nuovo Primo Ministro. La sua vittoria, sostenuta dalla coalizione di opposizione guidata dal People’s Party, partito socialdemocratico che detiene la maggioranza relativa in parlamento, ha segnato un cambio significativo nel panorama politico nazionale. Anutin, già noto per la sua esperienza come Vice Primo Ministro, Ministro dell’Interno e della Salute, nonché per aver promosso la depenalizzazione della cannabis nel 2022, ha ottenuto 311 voti, superando di gran lunga i 247 necessari per la maggioranza, battendo il candidato della Pheu Thai, Chaikasem Nitisiri. Il sostegno del People’s Party è stato condizionato dall’impegno di Anutin a indire elezioni generali entro quattro mesi, una promessa che ha permesso di sbloccare la situazione politica e di garantire la continuità istituzionale.

Il nuovo Primo Ministro ha ricevuto l’investitura formale del Re Maha Vajiralongkorn il 7 settembre, con una cerimonia al quartier generale del Bhumjaithai Party a Bangkok. In quell’occasione, Anutin ha dichiarato di voler esercitare le proprie funzioni con “onestà e rettitudine”, sottolineando l’obiettivo di stabilizzare il paese e ripristinare la fiducia dei cittadini dopo mesi di turbolenza politica. Le prime nomine del suo governo hanno incluso figure veterane e riconosciute nei rispettivi settori: l’economista Ekniti Nitithanprapas alla guida del Ministero delle Finanze, l’industriale Auttapol Rerkpiboon al Ministero dell’Energia e il diplomatico Sihasak Phuangketkeow al Ministero degli Esteri. Queste scelte sono state presentate come un messaggio di professionalità e continuità, volte a rassicurare mercati e partner internazionali dopo il periodo di instabilità.

Il nuovo corso politico potrebbe avere un impatto anche sulle relazioni estere della Thailandia. Anutin ha ereditato un contesto delicato, segnato dalle recenti tensioni con la Cambogia, culminate in uno scontro di confine nel mese di luglio che ha provocato oltre quaranta vittime. La gestione di questi conflitti e il rispetto della fragile tregua mediata dalla Malaysia saranno tra le prime sfide del governo, con un approccio che potrebbe favorire una maggiore assertività regionale rispetto alle gestioni precedenti della Pheu Thai, percepite come più concilianti verso i vicini e vulnerabili alle critiche dell’opinione pubblica interna.

Parallelamente, la famiglia Shinawatra continua a subire dure conseguenze politiche e giudiziarie. Il 9 settembre, la Corte Suprema thailandese ha stabilito che Thaksin Shinawatra dovrà scontare un anno di carcere, rigettando il conteggio del periodo trascorso in ospedale come parte della pena. La corte ha motivato la decisione sostenendo che il ricovero non era giustificato da malattia grave e che Thaksin aveva prolungato volontariamente il soggiorno ospedaliero. L’ex premier, tornato in Thailandia nel 2023 dopo 15 anni di autoesilio, è stato originariamente condannato a otto anni per frode e abuso di potere, pena poi ridotta a un anno dal re. La sentenza rappresenta l’ennesimo colpo per il prestigio e la capacità di influenza della dinastia Shinawatra, che per lungo tempo ha rappresentato il pilastro dominante della politica thailandese.

Con Paetongtarn destituita e Thaksin in carcere, il partito di famiglia perde il suo principale asset di legittimità e la leadership carismatica che ne aveva garantito il successo elettorale. La prospettiva per il Pheu Thai è ora quella di assumere il ruolo di opposizione parlamentare, cercando di riorganizzarsi senza il diretto controllo della famiglia Shinawatra. Gli analisti indicano che l’abilità del partito di riconnettersi con l’elettorato rurale e urbano sarà cruciale per il suo futuro, ma la crescente influenza dei conservatori e dei partiti filo-militari rende difficile prevedere un rapido ritorno al potere.

Sul piano economico e politico, il governo Anutin potrebbe introdurre un approccio più orientato alla stabilità e al pragmatismo, privilegiando politiche fiscali e settoriali guidate da esperti nominati nei ministeri chiave. L’attenzione verso la politica estera potrebbe comportare un rafforzamento delle relazioni con partner regionali come la Malaysia e il Vietnam, e una maggiore cautela nelle dispute di confine. Inoltre, il sostegno del People’s Party, che ha ottenuto concessioni sulla revisione costituzionale e sulla tempistica delle elezioni, suggerisce che Anutin dovrà bilanciare gli interessi delle coalizioni di governo con le richieste di riforma politica da parte della società civile e dei gruppi progressisti. La capacità di Anutin di garantire stabilità politica, rilancio economico e gestione prudente delle relazioni internazionali definirà il corso della Thailandia nei prossimi anni, mentre il Pheu Thai Party e la famiglia Shinawatra devono affrontare un periodo di incertezza e ridefinizione strategica.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

There are 4 comments

  1. Federico Lovo

    Shinawatra e People’s Party sono i due soggetti politici maggiormente agganciati agli apparati USA. Al netto dell’opportunismo e del trasformismo (nuovo Prmeier incluso) che si possono riscontrare negli altri attori. Considerando che la Thailandia risulta un Paese in cui la sinistra – quella vera – non esiste, il blocco “tradizionalista” – legato ad aristocrazia ed esercito – risulta quello preferibile da un punto di vista multipolare e di difesa dei soggetti economici nazionali. Sulla Thailandia Brian Berletic ha offerto ottimi spunti – anche se forse un po’ troppo filo-tradizionalisti / “camicie gialle”: https://www.youtube.com/watch?v=ztuiuPc73bw&list=WL&index=10&t=14s

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    1. Giulio Chinappi

      L’esercito ha sempre comunque mantenuto uno stretto controllo sul governo anche durante la leadership di P. Shinawatra, e la Cina ha comunque avuto buoni rapporti con Bangkok. La presa degli Stati Uniti sul SE Asia in generale sta diventando sempre piu’ debole (Filippine a parte) e tutti i governi ormai sanno che il loro partner naturale e’ la Cina.

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  2. Giacomo Greggan

    Articolo interessante. Il problema a mio avviso è l’attuale sovrano che è totalmente diverso da quello precedente, giustamente idolatrato dal popolo thai. Bhumibol aveva contribuito a frenare il populismo di Thaksin, che aveva ribaltato la sua “filosofia della sufficienza” aumentando a dismisura i sussidi e facendo esplodere il debito pubblico. Ciò gli ha permesso di lucrare parecchio consenso fra gli strati popolari (le cosiddette “camicie rosse”) ma si è attirato le ire della grande (ma anche piccola) borghesia e dell’esercito, che nel 2006 lo ha deposto con un colpo di stato avallato dal precedente sovrano. Ha poi subito il sequestro di metà del suo patrimonio con l’accusa di averlo accumulato approfittando della sua carica di Primo Ministro. Se le intenzioni di Thaksin potevano essere, in parte, condivisibili, ciò che gli è mancato è stato l’equilibrio per considerare la necessaria gradualità delle sue riforme (come prevedeva appunto la filosofia di Re Bhumibol), per evitare pericolose illusioni che avrebbero portato, come del resto hanno fatto, a gravi scontri sociali. L’attuale sovrano è personalmente vicino alle idee della famiglia Thaksin (liberal-capitalista, populista e filo-occidentale), ma il Privy Council (il Consiglio Reale) fa in modo che mantenga l’equilibrio nelle decisioni, ed essendo molto influente anche fra i vertici militari di fatto funge da “supplente” del Re.

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    1. Giulio Chinappi

      Sicuramente la tua e’ una lettura corretta, purtroppo in Thailandia non esiste una forza realmente progressista, quindi si tratta sempre di compromessi tra forze conservatrici o al limite riformatrici alla ricerca del “meno peggio”. La Thailandia poi e’ sempre rimasta nell’orbita occidentale, anche se negli ultimi anni sono fortemente migliorate le relazioni con la Cina, come dimostrano i numerosi progetti nell’ambito della Belt and Road Initiative.

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