Le elezioni comunali del 14 settembre in Renania Settentrionale-Vestfalia segnano una svolta inquietante, con l’estrema destra che guadagna terreno ai danni dei partiti tradizionali e le forze di sinistra che faticano ad imporsi.

Situata al confine con Belgio e Paesi Bassi, la Renania Settentrionale-Vestfalia rappresenta il Land più popoloso della Germania, con oltre 18 milioni di abitanti. Per queste ragioni, la tornata elettorale comunale dello scorso 14 settembre non è stata semplicemente una cartina tornasole di umori locali, ma ha mostrato, anche al livello federale, il risultato di anni di scelte politiche sbagliate, di abbandono delle istanze sociali, e di una pericolosa normalizzazione della retorica securitaria.
Partendo dai numeri, i cristiano-democratici della CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands) restano il primo partito con il 33,26% e 1.205 seggi, i socialdemocratici della SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) arretrano al 22,10% (827 seggi), mentre l’estrema destra dell’AfD (Alternative für Deutschland) compie il balzo più clamoroso passando al 14,48% e conquistando 552 seggi — un incremento di 366 seggi rispetto alla tornata precedente. Un tempo terza forza regionale i Verdi (Bündnis 90/Die Grünen) scendono al 13,50% (466 seggi), mentre Die Linke registra un modesto ma significativo recupero al 5,57% (200 seggi) e forze nuove come il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) si affacciano sulla scena con 57 mandati. Il dato di partecipazione, paria al 56,8%, è risultato più alto del passato, con un incremento di quasi cinque punti percentuali rispetto a cinque anni fa.
Alle elezioni era presente anche il Partito Comunista Tedesco (Deutsche Kommunistische Partei, DKP), che ha ottenuto un solo seggio, ma che non ha fatto mancare la propria analisi delle dinamiche elettorali locali. Secondo la critica comunista, i risultati non devono sorprendere, in quanto sono la conseguenza logica di politiche che negli ultimi anni hanno ridotto lo Stato sociale, militarizzato l’agenda pubblica e trasferito risorse e attenzione verso interessi di capitale e industria bellica. Il commento di Vincent Cziesla su Unsere Zeit, organo ufficiale del DKP, definisce a ragione il fenomeno dell’emergere dell’estrema destra come non un’onda misteriosa, ma l’esito delle scelte di chi ha governato finora, a partire dai partiti di governo locali e nazionali, che hanno spostato istanze popolari verso la destra offrendo soluzioni securitarie dove invece servivano garanzie economiche e sociali. Non stupisce dunque che, nei municipi più colpiti dalla crisi economica e dall’abbandono dei servizi pubblici, AfD abbia recuperato voti a dismisura: da circa il 5% della tornata precedente al 14,48% regionale, con punte ancor più alte in molti collegi.
Di conseguenza, la sinistra istituzionale paga un prezzo politico elevato. La SPD, che negli ultimi anni ha contribuito a costruire e sostenere un’agenda economica neoliberista e la fiducia in scelte di geopolitica bellicista, è stata punita dagli elettori. Inoltre, le reazioni interne di figure di punta — come il sindaco di Bochum, Thomas Eiskirch, e quello di Duisburg, Sören Link — dimostrano il corto circuito: anziché avviare una seria autocritica sul campo sociale e sui tagli ai servizi, chiedono in coro una svolta securitaria e un inasprimento della politica migratoria, replicando così il lessico dell’avversario. Il risultato, dunque, era prevedibile, con la SPD si smarca sempre più dai settori popolari che l’avevano tradizionalmente sostenuta, cedendo spazio alle soluzioni reazionarie che AfD cavalca con efficacia.
In questo quadro gli esiti per le forze che si pongono a sinistra della SPD vanno letti con attenzione. Die Linke ha ottenuto un leggero aumento dei consensi, raggiungendo il 5,57% regionale e conquistando 200 seggi: un piccolo segnale di ripresa che però non deve ingannare. Come nota Cziesla, l’autocelebrazione per un incremento marginale rischia di essere grottesca se paragonata alla colossale avanzata dell’estrema destra. Die Linke ha mostrato di poter attirare consensi quando propone una linea chiara contro la guerra e per i diritti sociali, ma la sua capacità di trasformare voti in progetto politico credibile è ancora limitata: l’arena municipale richiede radicamento, presenza quotidiana e proposte concrete su alloggi, trasporti, scuola, sanità — temi che Die Linke ha a volte saputo presidiare ma altre volte ha lasciato sfilare dalle mani.
Accanto a Die Linke, l’emergere del partito BSW di Sahra Wagenknecht con 57 mandati è una novità politica da non sottovalutare. Sebbene abbia ottenuto solamente l’1,09% delle preferenze, infatti, il BSW partecipava per la prima volta alle elezioni comunali in questo Land strategicamente importante. Il comunicato ufficiale pubblicato sul sito ufficiale del partito rivendica la conquista di seggi in 44 circondari e comuni, e sottolinea come il partito si voglia posizionare come “forza di pace” e forza sociale, pronta a contrastare militarizzazione e erosione del welfare. Tuttavia, il BSW stesso è stato autocritico, sottolineando come l’obiettivo di un risultato ancora più forte non sia stato raggiunto. Al contempo, il fatto che una formazione nuova sia riuscita a mettere le radici in decine di consigli dimostra che esiste uno spazio politico per chi si propone come alternativa al sistema tradizionale. Uno spazio che resta fragile, e che rischia di essere disperso se non si traduce in lavoro sociale continuativo, presenza nei quartieri e alleanze con le forze del lavoro.
Abbiamo già accennato, infine, ai risultati del Partito Comunista, che ha ottenuto un solo seggio. A Bottrop, la consigliera Irmgard Bobrzik ha difeso il proprio mandato e il partito ha raccolto l’1,27% dei voti nella città, segno che esistono ancora micro-nuclei organizzati e una base storica nei territori operaio-industriali. Al tempo stesso, la sconfitta di Gerd Dorka a Gladbeck (0,7%) e la limitata presenza del DKP in altri comuni mostrano i limiti strutturali del partito, al quale mancano risorse, reti e visibilità mediatica. Tuttavia, il Partito Comunista ha saputo porre temi urgenti all’ordine del giorno locale, come la solidarietà con i palestinesi e la denuncia della guerra e della militarizzazione. Sono proprio questi temi, insieme alla proposta di un’alternativa sociale concreta, che possono nutrire una rinascita di radicamento comunista nelle amministrazioni locali.
Il DKP ha anche fortemente criticato la legge regionale che ha riformato il diritto comunale in Renania Settentrionale-Vestfalia, la quale introduce disposizioni che limitano il potere d’azione dei consiglieri e dei piccoli partiti, attraverso soglie più alte per la formazione di gruppi consiliari, la possibilità per i sindaci di infliggere sanzioni economiche immediate e meccanismi che rendono meno segrete le votazioni nell’assemblea. Tali misure, presentate come strumenti per “semplificare” l’attività e favorire la partecipazione, rischiano invece di colpire proprio quei soggetti che — come Die Linke, BSW o DKP — cercano di utilizzare lo spazio municipale per costruire opposizione sociale. Come affermato da Vincent Cziesla su Unseze Ziet, si tratta di una svolta che corrobora l’impressione di un “riassetto reazionario” della democrazia locale.
Tutto questo, sembra conciliarsi perfettamente con l’ascesa di AfD. La sua avanzata, come detto, non è una semplice coincidenza statistica, ma è il frutto di anni di propaganda securitaria, di narrative che identificano i migranti come capri espiatori e di una politica nazionale che ha normalizzato discorsi sempre più aggressivi. I casi di Gelsenkirchen e Duisburg, dove AfD è arrivata al ballottaggio e i sindaci SPD hanno assunto linguaggi apertamente stigmatizzanti verso cittadini di origine bulgara o romena, mostrano che la sinistra istituzionale è stata incapace di costruire un’alternativa narrativa e materiale. Il vuoto lasciato dalla difesa dei servizi pubblici, unito alla retorica dell’“insicurezza” e alla promessa di “ordine”, ha creato un terreno fertile per il consenso di destra.
Che fare? La risposta non può essere né il rilancio di vecchie formule centrate esclusivamente sulla lotta elettorale, né la rinuncia a intervenire nei territori. Serve una ricomposizione della sinistra su obiettivi concreti: difesa dei servizi pubblici, piani abitativi popolari, rilancio dei trasporti e dell’istruzione pubblica; opposizione netta alla militarizzazione delle città e ai progetti che trasformano spazi urbani in infrastrutture funzionali a logiche militari; una campagna culturale capace di smontare la vulgata securitaria e mostrare che la vera sicurezza è sociale, non armata. Serve, inoltre, combattere le modifiche del diritto comunale che schiacciano i piccoli partiti, difendendo la libertà del mandato e il diritto di iniziativa politica a ogni livello. Solo così si potrà davvero arginare l’ondata nera e rilanciare un futuro di pace e giustizia sociale.
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