Le elezioni regionali e locali del 12-14 settembre hanno confermato la piena affermazione di Russia Unita e il rafforzamento del sostegno a Putin, ma non hanno impedito la vittoria del Partito Comunista a Černogorsk.

Le elezioni regionali e locali tenutesi in Russia nelle giornate dal 12 al 14 settembre si sono chiuse con un bilancio decisamente favorevole al governo del Presidente Vladimir Putin, con la riconferma pressoché totale dello status quo in tutte le regioni andate al voto, tutte governate dal partito Russia Unita (Edinaja Rossija), che conserva dunque la maggioranza e il ruolo centrale nel sistema politico. Allo stesso tempo, la persistenza delle riserve formulate dal Partito Comunista della Federazione Russa (Kommunističeskaja Partija Rossijskoj Federacii, KPRF), che ha denunciato irregolarità e vulnerabilità del voto elettronico, ha portato la formazione guidata da Gennadij Zjuganov a confermare la sua posizione di principale forza di opposizione nella Federazione. Inoltre, a dimostrazione che la politica locale conserva i suoi spazi di conflitto e di opportunità, si è registrata l’importante vittoria di Elena Gopina, candidata del KPRF, quale nuova sindaca di Černogorsk: un risultato che i comunisti locali hanno salutato come importante segnale di presenza sociale e radicamento.
Le cifre ufficiali fornite dalla Commissione Elettorale Centrale (CEC) parlano di circa 26 milioni di elettori che hanno partecipato al voto, per una partecipazione stimata attorno al 47% degli aventi diritto, dato che la CEC ha definito positivo e “piuttosto alto” rispetto alle precedenti tornate. La modalità del voto si è articolata su tre giorni e ha visto la convivenza del voto cartaceo tradizionale con la modalità di voto elettronico a distanza (REV), impiegata tramite la piattaforma federale e collegata al portale Gosuslugi. A tal proposito, la CEC ha comunicato che oltre 1,5 milioni di elettori su 1,7 milioni registrati hanno votato online nelle 24 regioni che hanno attivato la procedura, e che la macchina elettorale ha retto a ripetuti attacchi informatici. Sul piano politico-istituzionale il messaggio ufficiale è stato uno solo e forte: la tornata è stata «un successo», e le elezioni testimoniano «la stabilità del Paese», per dirla con le parole della presidente della CEC Ella Pamfilova. A sua volta, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha subito interpretato i risultati come prova di una «consolidazione della società intorno al presidente Putin», sottolineando che «coloro che hanno avuto il sostegno del capo dello Stato hanno ottenuto risultati impressionanti».
Il quadro delle elezioni regionali, del resto, non lascia spazio a dubbi, in quanto in tutte le regioni in cui si votava per il governatore sono stati rieletti i titolari della carica. Questo esito non è solo il prodotto del peso organizzativo e mediatico di Russia Unita, né esclusivamente il risultato dell’effetto di trascinamento della presidenza; esso riflette anche fattori di lungo periodo quali l’assetto amministrativo, la gestione delle risorse e la capacità di trasformare l’azione di governo in visibilità locale. A livello nazionale, la narrazione prevalente è dunque quella di un paese che si ricompatta attorno all’esecutivo e alla sua linea geopolitica, in un contesto internazionale descritto dalle autorità come sempre più polarizzato e segnato dalla costruzione di nuovi assi strategici.
Il partito di governo ha addirittura superato la soglia dell’88% dei consensi alle elezioni regionali del Tatarstan, dove Rustam Minnichanov ha ottenuto la conferma come governatore, raggiungendo percentuali superiori all’80% anche in diverse altre regioni, come il Territorio di Krasnodar e gli oblast’ di Orenburg, Rostov e Leningrado, nel quale si trova la città di San Pietroburgo. Ma le vittorie maggiormente simboliche sono state quelle nell’oblast’ di Kursk, che ha valorosamente respinto l’invasione ucraina, e a Sebastopoli, in Crimea, in entrambi i casi con percentuali superiori all’80% per Russia Unita. Aleksandr Chinštejn, divenuto governatore ad interim dopo le dimissioni di Aleksej Smirnov a seguito dell’invasione ucraina dell’oblast’ di Kursk, e Michail Razvožaev sono dunque stati confermati a capo dei rispettivi territori.
Sebbene la maggioranza dei successi di Russia Unita siano netti, non possiamo tacere le critiche e i sospetti sollevati dalle opposizioni, in particolare dal Partito Comunista. A Perm’, per esempio, la leadership locale del KPRF ha fatto sentire una denuncia netta, al punto che, durante la riunione della commissione elettorale regionale, il membro della commissione con diritto di voto per il partito, Nikolaj Bogatyrev, ha espresso un parere dissenziente e ha votato contro il riconoscimento della validità delle elezioni per il governatore. Bogatyrev ha motivato la presa di posizione citando violazioni procedurali, a cominciare dal mancato rilascio ai membri di commissione e agli osservatori di copie certificate dei verbali, violazione che, a suo dire, compromette la trasparenza e impedisce il controllo indipendente.
Più grave, per i comunisti, è la questione del voto elettronico a distanza: secondo la denuncia, il sistema REV rimane «estremamente vulnerabile», con margini tecnici per manomissioni e senza meccanismi affidabili di verifica esterna. A ciò si aggiunge l’allarme per anomalie nella distribuzione temporale dei voti via REV — con una forte concentrazione nelle prime ore della giornata lavorativa — e segnalazioni, non confermate dall’autorità centrale, di pressioni sui dipendenti pubblici affinché votassero online, ipotesi che, se verificata, costituirebbe un problema di libertà della scelta elettorale. Il KPRF di Perm’ ha già annunciato il ricorso alla propria struttura legale e la volontà di potenziare la presenza di osservatori nei territori ritenuti «a rischio».
Queste contestazioni si inseriscono in un quadro più ampio di critica portata dal segretario generale del KPRF Gennadij Zjuganov, che dal podio della Duma ha nuovamente denunciato l’«ostacolo oligarchico» alla piena efficacia della politica nazionale. Zjuganov ha sottolineato che la presenza di grandi capitali e di interessi privati, unita a scelte monetarie e fiscali che penalizzano l’investimento produttivo, rappresenta per il partito una delle principali cause della difficoltà economica e sociale del paese: una linea di accusa che riecheggia l’appello storico del KPRF per una maggiore sterzata in direzione della proprietà pubblica e del ruolo dello Stato nell’economia.
In questo scenario di forte prevalenza di Russia Unita, la vittoria di Elena Gopina a Černogorsk assume una portata simbolica e politica importante. Nella città della Repubblica di Khakassia, situata nella parte meridionale della Siberia orientale, Gopina, candidata del KPRF, ha ottenuto il 29,20% dei voti contro il 27,56% del candidato di maggioranza, Vjačeslav Finogenov, risultando eletta sindaca e strappando il governo della città a Russia Unita. Si tratta di un successo locale dal sapore nazionale perché dimostra che, anche nella stagione delle rielezioni generalizzate e del rafforzamento del potere centrale, esistono contesti in cui il Partito Comunista conserva un radicamento sociale e la capacità di trasformare la presenza storica in risultato elettorale. La vittoria di Gopina è stata dunque presentata dal partito come segnale della persistenza di «spazi di resistenza» e come prova che il dialogo sociale e le rivendicazioni di lavoro, servizi e dignità possono ancora pagare elettoralmente.
Russia Unita esce dunque dalla tornata con il vantaggio politico e amministrativo, e con la conferma che il sostegno al Presidente Putin, soprattutto nell’attuale contesto internazionale, resta un fattore decisivo. Il Partito Comunista, dal canto suo, continua a svolgere il ruolo di principale opposizione organizzata, alternando denuncia delle procedure elettorali a proposte concrete sul piano economico e sociale e trovando, di tanto in tanto, sbocchi vincenti proprio nei municipi e nei centri urbani dove la conflittualità sociale è più forte.
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