Miguel Díaz-Canel: “Solo avendo convinzioni chiare è possibile vincere le battaglie”

Discorso pronunciato da Miguel Mario Díaz‑Canel Bermúdez, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, in occasione della chiusura del Quinto Periodo Ordinario di Sessioni dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare nella sua X Legislatura, presso il Palazzo delle Convenzioni, il 18 luglio 2025.

Caro Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, leader della Rivoluzione Cubana;
Caro compagno Esteban Lazo Hernández, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare;
Care deputate e cari deputati;
Compatrioti:

Questa è stata una vera Assemblea del popolo, come ha detto qui il giovane deputato Danhiz. Lo è stata perché i vostri dibattiti hanno riflettuto quelli della società cubana di oggi, alle prese con gli enormi impegni che abbiamo davanti, e perché in essi si è manifestata ancora una volta l’impressionante determinazione di questo popolo a lottare quando tutto sembra diventare più difficile.

Né pessimismo, né sconfitta, né scoraggiamento. Qui abbiamo visto interventi sobri, critiche fondate sull’impegno e, soprattutto, proposte concrete e richieste di cambiare senza indugi ciò che va cambiato.

La saggezza e l’entusiasmo che hanno caratterizzato quasi tutti gli interventi di questi giorni non mi sorprendono: li ho visti durante i miei viaggi nelle province. Proprio dove la situazione è più dura, dopo lunghe ore di black‑out, trovi sempre quel qualcosa in più delle cubane e dei cubani.

Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che la Rivoluzione Cubana si trova ad affrontare il suo “momento più difficile”, benché ci sembrerà sempre che nulla possa essere peggio di quanto stiamo vivendo nel momento in cui lo viviamo.

Citerò solo alcuni episodi della storia di Cuba: il Pacto del Zanjón, dopo dieci anni di guerra sanguinosa conclusasi con la morte o l’esilio dei suoi leader; la caduta in combattimento di Martí e di Maceo; l’intervento yankee che ci sottrasse persino il diritto di entrare nella città eroica e di assistere alla firma del Trattato di Parigi, perché là due imperi negoziarono la nostra libertà; la repubblica neocoloniale con il suo braccio minaccioso e la base militare statunitense dove si tortura e si viola la dignità umana.

Poi venne il machadato, con la sua pompa e la sua miseria; Mella fu assassinato; la Rivoluzione andò incontro a dure avversità; Guiteras fu massacrato a El Morrillo per la sua azione profondamente antimperialista. E poi la corruzione dei cosiddetti “autentici”, il colpo di Stato di Batista, gli omicidi dei “nostri figli” denunciati dalle madri cubane, gli studenti repressi e la strage di coloro che assaltarono il Moncada, il Palazzo Presidenziale, il Goicuría…

Con tutta questa eredità di eroismo e di frustrazioni delle lotte rivoluzionarie, nella storia è entrata la Generazione del Centenario, che ha trasformato in vittoria la sconfitta subito nell’assalto al Moncada. Avevano già un programma, un ideale e la volontà di portarlo avanti fino alle ultime conseguenze. E così hanno fatto.

Ripercorrendo i 66 anni di Rivoluzione al potere, troviamo non solo vittorie, ma anche sfide da Paesi del Terzo Mondo, inciampi dei nemici e — altrettanto importante — errori e apprendimenti nostri, tutti frutti della incessante aspirazione a conquistare e sostenere la giustizia sociale come somma aspirazione, in un contesto mondiale avverso, soprattutto dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica e del campo socialista.

Se, nonostante tutto, la Rivoluzione Cubana è in piedi e lotta per la prosperità possibile, ciò avviene grazie al suo carattere autentico e genuino. Non siamo un incidente della storia: siamo la conseguenza logica di una storia di resistenza e ribellione contro l’abuso e l’ingiustizia, che ci dà motivi profondi per credere nelle nostre forze.

Perciò offende la dignità nazionale chi paragona i tempi per celebrare “quanto stava bene Cuba prima del 1959”, postando foto di palazzi e della raffinatezza di dame e gentiluomini, ma nascondendo immagini di espropri, del “piano machete”, della miseria, dei bambini dilaniati dai parassiti che lavoravano invece di andare a scuola, delle prostitute e delle mafie italo‑americane che spartivano il bottino di hotel e locali riservati ai bianchi in un paese di mescolanze.

Perché la Rivoluzione che nel 1959 prese finalmente il potere fu avviata da un piccolo gruppo di rivoluzionari, ma condotta dall’intero popolo. E quel popolo l’ha difesa e la difende con le unghie e con i denti, non ci sia alcun dubbio! (Applausi)

Altrimenti non si spiegherebbe la sua esistenza in questa incerta decade del XXI secolo, in cui le dissidenze dal pensiero unico imposto dal capitalismo predatorio si pagano con bombe intelligenti, distruzione di intere nazioni o blocchi economici soffocanti, come quello che questo piccolo paese di coraggiosi sopporta da oltre 60 anni.

Insulta profondamente la dignità umana chi, pur usando Internet per denigrare il popolo cubano, non si indigna altrettanto di fronte agli scandalosi crimini di chi blocca il paese; evita di nominare per quello che è il genocidio israeliano a Gaza e in Libano; non protesta, non si ribella e non ha il coraggio di indicare i colpevoli di tanta xenofobia, di tante guerre, di tanto armamentismo e di tanta ingiustizia, competendo in rilievo mediatico con lo scandalo di miliardari pedofili e con la deportazione o l’incarcerazione — senza accuse provate — di decine di migliaia di lavoratori migranti e delle loro famiglie.

La lezione della Rivoluzione Cubana è che gli ideali non cambiano con le circostanze; che la trincea non si abbandona quando l’accerchiamento nemico si intensifica. Abbiamo imparato che solo avendo convinzioni chiare, intese come principi, è possibile sostenere e vincere le battaglie. E abbiamo imparato anche che dall’accerchiamento si esce combattendo! (Applausi)

Compagne e compagni:

Non mi soffermerò sui temi già trattati. La gravità dei tempi richiede più azioni che parole, pur restando nostro dovere pronunciarle e, soprattutto, onorarle davanti al popolo che ci ha scelto. La guida è nel concetto di Rivoluzione che ci ha lasciato Fidel: «Non mentire mai né violare i principi etici».

Queste sessioni di lavoro ci lasciano un’importante lezione. Questa è l’Assemblea del popolo cubano e tutto ciò che in essa si discute e si approva deve entrare in risonanza con i sentimenti, i bisogni e le richieste di quel popolo. Ma non dimentichiamo, nel riflettere su questi giorni, l’etica rivoluzionaria che ci ha insegnato Fidel: che a guidarci, dopo l’apprendimento, siano il rispetto e non l’odio, perché per nessuna ragione possiamo assomigliare ai nostri nemici.

D’altra parte, non sarebbe né realistico né onesto impegnarci a risolvere tutte quelle richieste e bisogni sempre crescenti, laddove l’ostacolo principale è esterno e fuori dalla nostra portata. Ciò che possiamo e dobbiamo impegnarci a offrire è la nostra energia, il nostro sforzo, la nostra instancabile ricerca di nuovi percorsi e azioni per soddisfarli.

Poiché l’ostacolo principale non possiamo rimuoverlo direttamente, tutte le soluzioni dipendono interamente dalla nostra capacità di prevedere, anticipare gli eventi e affrontarli con intelligenza, impegno e innovazione. Ma, prima di tutto, con la imprescindibile partecipazione del nostro eroico popolo.

La neonata piattaforma di informazione e servizi Soberanía e la proposta di diversi deputati di consensualizzare e rendere trasparenti le misure del Programma di Governo per correggere le distorsioni sono punti di forza della trasformazione digitale, che devono imprimere maggiore rapidità a processi che corrono ancora troppo lenti rispetto all’urgenza della situazione.

L’economia cubana opera sotto molti vincoli per ogni decisione, dovuti in gran parte alla feroce persecuzione nemica. Non possiamo aggiungervi difficoltà con nostre insufficienze.

Condividiamo la convinzione ribadita dal Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz che sì, si può andare avanti e vincere l’attuale situazione con i nostri sforzi e risultati; ma per farlo servono più disciplina, organizzazione, consapevolezza e continuità.

Ritengo che le relazioni presentate dal Primo Ministro e dai ministri dell’Economia e della Pianificazione e delle Finanze e dei Prezzi siano state sufficientemente discusse e abbiano ricevuto osservazioni e proposte da tenere in grande considerazione.

Un esempio incoraggiante è rappresentato dai risultati fiscali analizzati in questa Assemblea. Non mi addentrerò nei dettagli, ma ritengo utile ricordare che abbiamo chiuso il 2023 con un aumento del 35 % del disavanzo fiscale. Molti ricorderanno l’allarme suscitato e le previsioni fataliste di chi stimava dieci anni per recuperare quell’indicatore. Un anno e mezzo dopo, la notizia più rassicurante è che siamo riusciti a conseguire una riduzione significativa. Persino nei primi quattro mesi di quest’anno abbiamo registrato un avanzo, e finora la bilancia corrente si chiude senza disavanzo, risultato che non si vedeva da oltre dieci anni.

Come è stato possibile? La formula principale: disciplina ed esigente lotta all’evasione fiscale, riscossione di tasse e sanzioni. Il lavoro non è ancora perfetto, è un’area che richiede molta sensibilizzazione e controllo, finché non affermeremo una vera cultura tributaria.

Questo risultato, fondamentale per l’economia, si traduce in un impatto sociale decisivo: ci permetterà di ridistribuire queste entrate verso i settori più vulnerabili, come i nostri pensionati. È quanto ci ha consentito di portare le loro pensioni a un livello che, pur non essendo sufficiente, li pone in condizioni migliori.

La divisa principale della politica fiscale è e resterà l’attenzione a coloro che, nella società, soffrono maggiormente la difficile situazione del Paese a causa del giogo del piano di asfissia sancito dal Memorandum Presidenziale del signor Trump.

Con la convinzione che «Sì, si può», dobbiamo rivolgerci ad altre aree vitali per lo sviluppo, come l’incremento delle entrate in valuta estera, nel bel mezzo di uno scenario molto ostile in cui il Governo degli Stati Uniti rafforza il suo assedio per impedire, giorno dopo giorno, l’ingresso nel Paese di anche un solo centesimo.

Non possiamo restare impassibili, men che meno sentirci sconfitti. Dobbiamo concentrarci su tutte le nostre capacità esportatrici, che inevitabilmente partono da un aumento della produzione in tutti i settori possibili, affinché essa sia sufficiente in quantità e qualità e ci permetta così di imporci di fronte all’assedio e alla concorrenza mondiale.

Dipende da noi, e solo da noi, essere abbastanza efficienti, anche nelle difficili circostanze di agire con le mani legate dal blocco che alcuni cercano di eludere. È una sfida ardua, ma non impossibile.

Qui torno a quanto riscontriamo in ogni viaggio che compiamo, settimana dopo settimana, nei municipi del Paese: come alcuni, nelle stesse condizioni di carenza, riescano a superare le difficoltà e a ottenere risultati.

Una risposta innegabile a questa domanda, che ci poniamo costantemente, risiede nel potenziale delle leadership e nel valore dei collettivi di successo.

La mentalità importatrice che ci ha corroso per anni, oltre a generare dipendenza — i cui effetti negativi si fanno sentire maggiormente in tempi di crisi — frena capacità e potenzialità interne e facilita le azioni di persecuzione contro Cuba.

Non possiamo dire che rinunceremo all’importazione: essa sarà sempre necessaria a un certo livello; ma è urgente cambiare paradigma e operare sulla base di consumare più ciò che produciamo internamente piuttosto che ciò che importiamo.

Questi processi produttivi, che abbiamo urgente bisogno di rilanciare, non possono dipendere solo dalle grandi strutture o imprese.

Per contribuire allo sviluppo municipale, bisogna puntare a potenziare i sistemi di produzione locali. Difendiamo una buona volta che i municipi occupino finalmente il ruolo da protagonisti che devono avere nello sviluppo nazionale.

Care deputate e cari deputati:

Stiamo affrontando un mondo in cui la principale potenza militare ed economica tenta di imporre un approccio egemonico e neoliberista.

In questo semestre abbiamo consolidato le relazioni esterne, rafforzate nonostante le costanti pressioni di settori di odio anticubano estremista che cercano di promuovere l’isolamento economico e politico, mai riuscendovi.

Cuba rimane quel riferimento di dignità e sovranità nazionale a cui molti governi e popoli guardano con ammirazione.

Abbiamo raggiunto un livello superiore nelle relazioni strategiche con Cina, Vietnam, Russia e altri paesi amici, che partecipano in modo crescente e reciprocamente vantaggioso ai piani di sviluppo economico e sociale.

Il nostro sostegno alla Rivoluzione Bolivariana, alla Rivoluzione Sandinista e ai sempre fraterni nazione e popolo del Messico resta costante.

Proseguiamo il dialogo rispettoso e la cooperazione con i paesi membri dell’Unione Europea, sulla vasta base e nel quadro giuridico offerto dall’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione tra Cuba e quel blocco.

Cuba continuerà a mostrare solidarietà e cooperazione con le nazioni sorelle di Africa, America Latina e Caraibi, che denunciano il blocco e le certificazioni arbitrarie, nonostante le varie pressioni a cui sono sottoposte.

Nei rilevanti eventi di quest’anno, come la CELAC, i vertici dell’Unione Economica Eurasiatica e dei BRICS, si è confermata la comprensione, la sensibilità e la volontà di includere e sostenere Cuba in questi organismi internazionali.

Nel popolo si nutrono grandi aspettative su questi scambi e i loro risultati. Pur richiedendo tempo il consolidarne l’ingresso, essi rappresentano opportunità nuove e promettenti.

Per questo dobbiamo lavorare tutti, a tutti i livelli, con forte senso di appartenenza, responsabilità e senza quell’incrostazione burocratica che ancora ostacola e spesso frustra progetti importanti.

Ogni strategia di progresso deve tener conto che la nuova dottrina statunitense — che cerca di imporre la pace con la forza — è una minaccia latente per la vera pace a livello globale, creando per Cuba uno scenario particolarmente pericoloso. Nessuno è al sicuro quando l’impero più potente della storia ignora le regole internazionali per imporre la propria volontà egemonica contro i paesi che mira a sottomettere, persino contro i suoi tradizionali alleati.

Nel nostro caso, la volontà di dominarci, ben precedente alla Rivoluzione, si è inasprita negli ultimi anni, e di recente l’amministrazione repubblicana ha formalizzato questa intenzione in un Memorandum Presidenziale di Sicurezza Nazionale.

Le misure principali di quel Memorandum, in realtà applicate sin dal primo mandato di Donald Trump, mirano a chiudere tutte le vie di accesso ai finanziamenti indispensabili per il normale funzionamento dell’economia.

Questo brutale accerchiamento, unito all’inaccettabile inclusione di Cuba nella lista dei presunti sponsor del terrorismo, porta il blocco a livelli senza precedenti e moltiplica l’impatto delle misure coercitive sull’economia e, di conseguenza, sul tenore di vita dei cubani. Non possiamo ignorare né minimizzare questo effetto, tanto meno il suo scopo distruttivo.

La combinazione della scarsa disponibilità di valuta estera, della forte dipendenza dalle importazioni e degli effetti trasversali dell’instabilità del sistema elettro‑energetico nazionale provoca un sostanziale blocco o rallentamento delle attività economiche, creando un deficit nell’offerta di beni e servizi alla popolazione e una contrazione delle esportazioni.

Di conseguenza, si riducono le importazioni di alimenti per la dieta di base e di combustibili per la produzione di energia e il funzionamento dell’economia. La carenza di farmaci, la riduzione dei servizi di trasporto, della raccolta dei rifiuti e dell’approvvigionamento idrico, tra gli altri, delineano il difficile quadro quotidiano che affronta il nostro popolo.

Per far fronte a questa situazione siamo stati costretti a tollerare la parziale dollarizzazione dell’economia, che inevitabilmente avvantaggia chi dispone di capitali o riceve rimesse, ampliando purtroppo le disuguaglianze sociali.

In questo contesto dobbiamo rafforzare la funzione redistributiva dello Stato con politiche pubbliche e fiscali che, senza ostacolare le soluzioni, prevengano la concentrazione della ricchezza in poche mani e limitino povertà e disuguaglianze. È essenziale tenere sotto controllo l’inflazione che, seppure in lieve rallentamento, resta molto alta, erodendo il potere d’acquisto dei salari e il reddito di pensionati e anziani.

È urgente riorganizzare i rapporti tra settore statale e privato per correggere distorsioni, pratiche scorrette e tendenze negative che tradiscano i principi della costruzione socialista. Rinforziamo l’etica imprenditoriale per prevenire tangenti, favoritismi e corruzione.

In questo scenario stiamo implementando e sostenendo il Programma di Governo per eliminare le distorsioni e rilanciare l’economia, la cui esecuzione, risultati e prospettive ha illustrato il compagno Marrero.

Occorre divulgarlo appieno — dalle sue basi alle azioni concrete — affinché goda di autentico supporto attraverso partecipazione e controllo popolare.

L’illustre scienziato e membro del nostro Consiglio di Stato, Yury Valdés Balbín, ha spiegato con chiarezza l’importanza della partecipazione popolare al controllo e a tutti i processi che incidono sul benessere della collettività, proponendo un approccio concreto e privo di formalismi, in sintonia con gli interessi dei partecipanti.

È necessario promuovere nei contesti municipali e comunitari forme partecipative che soddisfino i bisogni dei cittadini. La gestione comunale deve basarsi sulla prevenzione dei problemi nella comunità, abbandonando tolleranza e giustificazioni, e istituendo un vero e proprio controllo popolare sull’attuazione e sugli esiti delle politiche pubbliche approvate.

Un altro fronte decisivo per la sovranità nazionale è la battaglia nel cyberspazio. Lo dimostrano le continue campagne di delegittimazione: reti di influencer, media e algoritmi che diffondono narrazioni negative; armi digitali come bot e account falsi che saturano il web con versioni distorte; tecniche emotive che mirano a minare la credibilità dei nostri dirigenti, istituzioni e media pubblici.

Anche qui dobbiamo difendere la verità con etica, dignità, ingegno, ottimismo, fiducia ed energia; passare alla controffensiva ideologica; cercare alleanze internazionali per rompere l’accerchiamento mediatico; sostenere soluzioni tecnologiche sovrane e, sempre più, costruire uno spazio digitale emancipato.

Compagne e compagni:

Nella Sessione che oggi si conclude sono state approvate quattro leggi, tutte con un approccio di genere, che rafforzeranno l’ordinamento istituzionale del paese, rivestendo un ruolo determinante nell’ambito economico e sociale della nazione.

La Legge sul Sistema Sportivo Cubano istituisce e regola i settori, gli obiettivi, i principi, i componenti, l’organizzazione e il funzionamento del sistema, favorendone lo sviluppo integrale nonostante le sfide attuali.

La Legge sul Regime Generale delle Contravvenzioni e Sanzioni Amministrative apporta modifiche che pongono il suo contenuto in maggiore consonanza con i principi costituzionali e con le disposizioni legislative adottate di recente in materia di amministrazione pubblica, per garantire il rispetto della legalità.

La Legge del Registro Civile consente di istituire un registro civile unico per l’intera nazione, contribuendo a rendere più rapide e efficienti le pratiche relative allo stato civile della popolazione, grazie all’integrazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Tutte norme importanti, ma ce n’è una che, a mio avviso, spicca e ci rivela nella sua bellezza il significato del nostro lavoro legislativo: mi riferisco al Codice dell’Infanzia, dell’Adolescenza e della Gioventù. Con la sua approvazione, normiamo i diritti più sacri della nostra società, proiettandoli verso un futuro che già cammina al nostro fianco.

Il Codice è guida e strumento: chiunque operi nella formazione dell’infanzia, dell’adolescenza e della gioventù cubana dovrà farsi permeare dallo spirito e dalla lettera del testo normativo, affinché il futuro che essi rappresentano possa realizzare il proprio progetto di vita nella nazione, preservandosi dalle piaghe terribili di questi tempi, come droga e violenza.

Questo Codice è motivo di orgoglio per Cuba, così come lo fu e continua a essere il Codice delle Famiglie, in un mondo sempre più ostile e aggressivo. È anche un omaggio a Vilma, che dedicò la sua vita ai bambini, agli adolescenti e ai giovani cubani, aprendoci la strada con la sua visione umanista, femminista e, soprattutto, rivoluzionaria. (Applausi)

Nulla di ciò che sogniamo e facciamo avrebbe senso senza il nostro più grande tesoro: le nuove generazioni. O, per dirlo con parole più intime: i nostri figli e i nostri nipoti. La loro felicità e il miglior mondo possibile che vogliamo lasciare loro sono ciò che il Codice intende promuovere. Grazie a coloro che lo hanno reso possibile in così breve tempo. (Applausi)

D’altra parte, la riforma costituzionale approvata rappresenta un atto legittimo e giusto, rispondendo alle realtà attuali del paese e fedelmente alla nostra storia. In tal modo la Costituzione favorisce la possibilità di una più ampia selezione di compagne e compagni idonei a essere eletti Presidente della Repubblica. Insomma, difendiamo il futuro della nazione con l’approvazione di questa riforma costituzionale. (Applausi)

Compatrioti:

Oggi, a poche ore dalla nuova commemorazione di quel momento cruciale della nostra storia che fu il 26 luglio 1953, vale la pena ricordare quanto disse Fidel al Quarto Congresso del Partito nel 1991, l’anno in cui sarebbe caduta l’URSS e con essa il campo socialista.

Di fronte all’incertezza e alla sfida che quello scenario poneva a Cuba, il Comandante in Capo rispose così: «A coloro che affermano che la nostra lotta non avrebbe prospettive nella situazione attuale e di fronte alla catastrofe avvenuta, va risposto in modo categorico: l’unica cosa che non avrebbe mai prospettive sarebbe la perdita della patria, della Rivoluzione e del socialismo. È come se a noi avessero detto che non avevamo prospettive dopo l’attacco al Moncada…».

Il suo ottimismo leggendario si riassume in quella frase e nella convinzione che le soluzioni non venissero da fuori ma dal popolo stesso, con il suo straordinario potenziale di intelligenza, una delle nostre maggiori risorse. Consapevole dell’assoluta attualità di quelle idee, ribadisco oggi le parole di Fidel: «Esistono possibilità, ed è questo ciò che conta; ci sono possibilità, ma le possibilità sono per i popoli che lottano, per i popoli fermi, per i popoli tenaci, per i popoli che combattono; le possibilità esistono per un popolo come il nostro». (Applausi)

Questo è il popolo cubano che, rappresentato da voi, ha illuminato i giorni a venire con critiche costruttive e proposte cariche di speranza, nelle magnifiche sessioni di quest’Assemblea che ci ha lasciato lezioni, insegnamenti, dolorose aperture, ma soprattutto un’incredibile fonte d’ispirazione per affrontare la battaglia decisiva di oggi: superare con audacia gli ostacoli della guerra economica che il più grande impero della storia ci sta conducendo con il suo infame Memorandum e il suo piano di asfissia della nostra sacra indipendenza e sovranità.

Il 26 luglio a Ciego de Ávila — al cui laborioso popolo rivolgiamo i nostri più vivi complimenti — celebreremo la certezza che «Sì, si può!». La storia lo attesta e il presente lo certifica! (Applausi)

A nome del Partito e del Governo estendo questa felicitazione e il più profondo ringraziamento a tutto il popolo di Cuba (Applausi):
Per la vostra resistenza alle numerose difficoltà.
Per la vostra inesauribile creatività.
Per non arrendervi mai, anche quando manca tutto, a volte persino la comunicazione essenziale che abbiamo il dovere di fornirvi.

Fra meno di un mese celebreremo l’inizio dell’anno del centenario di Fidel, che ricorrerà nell’agosto 2026. Il miglior omaggio al genio politico‑militare, all’educatore, allo scienziato, al leader delle cause giuste in Cuba e nel mondo è l’opera del popolo cubano! (Applausi)

Grazie, Cuba! La bellezza di quest’ora difficile è sapere di far parte di un popolo indistruttibile.

La resa non è mai stata un’opzione. Indipendenza o morte, sì! Patria o morte, sì! Socialismo o morte, sì! Resa, mai! (Applausi)

Così la certificò con la sua voce potente il Comandante Juan Almeida sotto un diluvio di proiettili ad Alegría de Pío:

«Qui non si arrende nessuno…!
Patria o Morte!
Vinceremo!»
(Ovazione)

CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte e del link originale.

Avatar di Sconosciuto

About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.