Trump attacca il “comunista” Mamdani

Tra minacce di deportazione e insulti da parte di Trump, la vittoria di Zohran Mamdani alle primarie democratiche di New York scuote il panorama politico. Il rifiuto di accettare etichette di “comunista” riflette scontri ideologici e paure sull’avanzata del socialismo.

“Il presidente degli Stati Uniti ha minacciato di volermi arrestare, togliermi la cittadinanza, mettermi in un centro di detenzione e deportarmi, non perché ho commesso reati ma perché mi rifiuto di permettere all’ICE di terrorizzare la nostra città”. Con queste parole Zohran Mamdani ha risposto a Donald Trump, che aveva annunciato il suo arresto perché in questo Paese “non vogliamo comunisti”. Mamdani, come si sa, è il vincitore delle primarie democratiche per la carica di sindaco di New York, la cui elezione si terrà nel mese di novembre.

La vittoria di Mamdani ha sorpreso molti, e il fatto che si sia definito socialista democratico ha fatto scalpore. Trump lo ha elevato a “comunista” per renderlo più pericoloso. L’attuale presidente USA è ossessionato dalle deportazioni e, proprio in questi giorni, ha minacciato di deportare persino Elon Musk, ex amicone che lo ha aiutato notevolmente nell’elezione del 2024. In un certo senso, la definizione di socialista democratico non avrebbe dovuto scioccare, poiché Mamdani non è il primo ad usare l’etichetta. Va ricordato che anche Bernie Sanders, senatore del Vermont; Alexandria Ocasio‑Cortez, parlamentare di New York; e Rashida Tlaib, parlamentare del Michigan, fanno parte dei Democratic Socialists of America. Mamdani, però, è anche musulmano, un’altra “macchia” che lo rende pericoloso nella mente di Trump.

Altri vedono un Mamdani sindaco della Grande Mela con apprensione, ma per diverse ragioni che emergono dalla sua piattaforma. Il consiglio editoriale del Washington Post, che negli ultimi tempi ha sterzato a destra sotto la spinta del padrone Jeff Bezos, ha recentemente pubblicato un editoriale additando a un possibile ritorno disfunzionale di New York. Vengono citati il piano di Mamdani di creare trasporti pubblici gratuiti, asili nido e scuole per l’infanzia gratuiti; il blocco degli incrementi agli affitti; la creazione di supermercati gestiti dal comune; investimenti per la costruzione di 200 mila appartamenti; e l’aumento del salario minimo da 16,50 a 30 dollari l’ora da mettersi in vigore dal 2030. Mamdani finanzierebbe questi progetti aumentando le imposte sul reddito alle imprese dal 7,2 all’11 percento, cifre che raggiungerebbero il livello del vicino New Jersey. Inoltre, Mamdani aumenterebbe le tasse del 2 percento ai redditi di residenti che guadagnano più di un milione di dollari.

La piattaforma di Mamdani consiste dunque in un attacco frontale ai problemi di New York, una città in cui possono vivere solo i ricchi. L’idea sarebbe di rendere la Grande Mela più vivibile con una leggera ridistribuzione delle risorse economiche. Mamdani ha anche detto che i miliardari non dovrebbero esistere, causando preoccupazione al sistema finanziario. Difficile dargli torto, considerando l’ostentazione di sperperi come quello visto recentemente dalle nozze di Bezos a Venezia, un esempio eclatante del divario tra ricchi che possono soddisfare qualunque piccolo desiderio e le classi basse che stentano ad arrivare a fine mese. Da aggiungere la legge sul bilancio approvata dal Senato e, proprio al momento di scrivere, dalla Camera, che include tagli fiscali alle fasce più ricche e toglierà l’assicurazione medica a una quindicina di milioni di americani. In effetti, una legge che sottolinea il divario tra classi abbienti e poveri promossa da Trump.

Al di là del Washington Post, Mamdani ha anche causato preoccupazioni all’establishment del Partito Democratico. Non sorprende dunque che leader come Chuck Schumer, senatore democratico di New York, e Hakeem Jeffries, leader democratico alla Camera, non abbiano alzato la voce per gli attacchi di Trump a Mamdani. La governatrice dello Stato di New York Kathy Hochul, però, lo ha difeso, dichiarando che 20 milioni di cittadini dello Stato prenderanno le difese di un loro concittadino minacciato di deportazione. Altri leader come Ocasio‑Cortez e Sanders hanno difeso Mamdani, offrendogli anche il loro endorsement per l’elezione di novembre.

Mamdani ha vinto le primarie democratiche sconfiggendo il rivale dell’establishment Andrew Cuomo (56% vs. 44%), ex governatore dello Stato di New York, che si era dovuto dimettere nel 2021 accusato di aver molestato sessualmente una dozzina di donne. Il caso è stato archiviato, ma ovviamente rimane un candidato “macchiato” che comunque ha dato indicazioni di rimanere nella corsa come candidato indipendente. L’altro probabile rivale diretto di Mamdani è l’attuale sindaco Eric Adams, anch’egli macchiato da accuse di corruzione. Infatti, era stato indagato dal Dipartimento di Giustizia dell’amministrazione Biden, ma poi si è avvicinato a Trump, la cui amministrazione ha deciso di sospendere il caso.

Diventerà Mamdani il primo sindaco musulmano di New York? Tanto può cambiare da qui a novembre, ma al momento il 33enne carismatico parlamentare dello Stato di New York ha tutte le carte in regola per sconfiggere i due probabili avversari.

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About Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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