Le tensioni in Medio Oriente scuotono l’economia globale

Mentre l’economia mondiale già alle prese con forti incertezze, l’escalation del conflitto tra Stati Uniti e Iran agita i mercati dell’energia, della finanza e delle catene di approvvigionamento, spingendo alla ricerca di contromisure strutturali e allertando sulla necessità di strategie difensive globali.

Global Times – 23 giugno 2025

Nel momento in cui l’economia mondiale e il commercio affrontano crescenti incertezze, l’ultima mossa degli Stati Uniti di inasprire le tensioni in Medio Oriente sembra dirigere l’economia globale verso una situazione ancora più precaria. Sia attraverso le proprie politiche protezionistiche sia tramite azioni militari contro l’Iran, gli Stati Uniti sono emersi come la principale fonte di incertezza che ha ripetutamente gettato l’economia mondiale nel caos.

La direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, ha avvertito in un’intervista a Bloomberg TV di lunedì che i raid statunitensi contro l’Iran potrebbero avere impatti più ampi oltre i canali energetici, man mano che l’incertezza globale aumenta.

“Consideriamo questa come un’ulteriore fonte di incertezza in un contesto già altamente incerto”, ha dichiarato, osservando che “potrebbero verificarsi impatti secondari e terziari”.

Il suo avvertimento è senza dubbio un campanello d’allarme, sottolineando l’urgenza della vigilanza alla luce del complesso panorama economico internazionale, alle prese con tripli shock in energia, finanza e filiere produttive.

Le onde d’urto immediate sono più evidenti nei mercati energetici. Con l’escalation delle tensioni in Medio Oriente a seguito dei raid Usa sull’Iran, lo Stretto di Hormuz, una delle rotte commerciali più importanti per il petrolio greggio al mondo, rischia di venire bloccato. Circa 20 milioni di barili al giorno di greggio, ovvero il 20 percento dei consumi mondiali, sono transitati attraverso lo stretto nel 2024, ha riportato CNBC citando dati dell’Energy Information Administration.

I prezzi del petrolio sono schizzati lunedì ai massimi da gennaio, poiché le mosse statunitensi del fine settimana hanno alimentato timori sull’offerta, ha riferito Reuters. Goldman Sachs ha affermato in una nota datata domenica che il Brent potrebbe raggiungere brevemente i 110 dollari al barile se i flussi attraverso la via critica fossero dimezzati per un mese e rimanessero ridotti del 10 percento per i successivi undici mesi.

Inoltre, il forte aumento dei prezzi del petrolio potrebbe non solo elevare i costi operativi per industrie ad alto consumo energetico come l’aviazione e la chimica, ma anche riverberarsi lungo l’intera catena di approvvigionamento. Di conseguenza, le pressioni di inflazione importata avvertite dai Paesi di tutto il mondo potrebbero intensificarsi, ostacolando ulteriormente la crescita economica globale.

Anche le ripercussioni sui settori finanziario e commerciale globale sono ancora più profonde.

Per esempio, l’indice del dollaro USA è salito lunedì, toccando in alcuni momenti i 99,42, in rialzo dello 0,66 percento, a testimonianza della fuga degli investitori verso asset considerati rifugi sicuri tradizionali. L’esodo di capitali verso tali asset potrebbe causare gravi turbolenze nei mercati finanziari, portando a un nuovo ciclo di deflussi di capitali e svalutazioni valutarie per alcune economie vulnerabili.

In questo contesto, alcuni commentatori occidentali stanno enfatizzando il cosiddetto rischio di un potenziale blocco dello Stretto di Hormuz per la sicurezza energetica della Cina, nel tentativo di esercitare pressione su Pechino. Ma l’economia cinese si è attivamente preparata ad affrontare vari rischi quest’anno.

Sul fronte delle riserve di petrolio, la Cina ha costantemente migliorato il proprio sistema di riserve strategiche di petrolio, promosso una distribuzione diversificata delle importazioni energetiche e accelerato lo sviluppo del settore delle nuove energie. Queste misure hanno fornito una solida base per far fronte a potenziali fluttuazioni nell’approvvigionamento di energia. La Cina ha la capacità e la preparazione per gestire i propri problemi energetici e garantire il funzionamento regolare e ordinato della propria economia.

In confronto, gli Stati Uniti appaiono sempre più come una fonte di instabilità economica globale. Le politiche interne ed estere di Washington, così come i suoi raid sull’Iran, lo confermano pienamente. Questi elementi sono essenzialmente un’estensione delle sue politiche egemoniche e unilaterali.

Animata dai propri interessi geopolitici ed economici, Washington agisce frequentemente in maniera unilaterale negli affari internazionali, ignorando le regole internazionali e gli interessi degli altri Paesi.

Questa impostazione politica non solo sconvolge l’ordine stabile dell’economia globale, ma intensifica anche le incertezze nei mercati finanziari internazionali, erodendo la fiducia degli investitori, interrompendo l’ordine degli scambi mondiali e inasprendo frizioni e dispute commerciali fra Paesi. Più grave ancora, sembra improbabile che gli Stati Uniti cambino approccio, esattamente ciò contro cui il mondo deve guardarsi.

Di fronte a una situazione internazionale tanto complessa, a tutti i Paesi e le regioni si raccomanda di restare vigili e adottare misure proattive contro il protezionismo commerciale statunitense e le sue azioni di deliberata creazione di caos da cui trarre vantaggio.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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