La Polonia spaccata dopo l’elezione di Nawrocki alla presidenza

Le elezioni hanno consegnato la presidenza polacca al conservatore Karol Nawrocki, segnando un duro colpo per l’agenda del governo di Donald Tusk e aprendo scenari di tensione nelle relazioni con l’Unione Europea, la NATO e l’Ucraina.

La vittoria di Karol Nawrocki al ballottaggio presidenziale del 1° giugno 2025 ha innescato in Polonia un turbinio di riflessioni e timori che investono tanto la stabilità interna quanto il futuro dell’impegno esterno di Varsavia. Nawrocki, 42 anni, storico di formazione e animatore dell’Istituto della Memoria Nazionale, ha conquistato il 50,89 % dei voti contro il 49,11 % dell’ex sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski, rappresentante del centro-sinistra. Il suo successo ha portato alla necessità, già manifestata dal primo ministro Donald Tusk, di ricercare un nuovo slancio parlamentare attraverso il voto di fiducia alla sua coalizione di governo.

Nel giorno del verdetto elettorale, il Sejm – la camera bassa del parlamento – è apparso diviso tra applausi rituali e banchi vuoti: i parlamentari del partito di destra Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS), da cui Nawrocki, formalmente candidatosi da indipendente, ha ricevuto il sostegno ufficiale, hanno disertato il discorso di Tusk, trasformando l’aula in uno specchio delle lacerazioni politiche del Paese. Un segno evidente che, nonostante il ritorno di Tusk alla guida del governo nel dicembre 2023, la compagine centrista non ha ancora riconquistato pienamente la fiducia di ampi settori dell’elettorato.

Donald Tusk, d’altronde, aveva promesso di sfruttare il voto di fiducia per «assumersi pienamente la responsabilità di ciò che accade in Polonia», elencando tra i successi del suo esecutivo l’aumento della spesa per la difesa, la normalizzazione delle relazioni con Bruxelles dopo gli scontri sullo Stato di diritto e un controllo più rigoroso dell’immigrazione tramite la riduzione dei visti. Tuttavia, nel corso del suo intervento in parlamento Tusk non ha potuto tacere le difficoltà di una coalizione che, malgrado 242 seggi su 460, rischia di sfaldarsi sotto il peso di promesse non mantenute e di tensioni interne, in particolare con il Partito Popolare Polacco (Polskie Stronnictwo Ludowe, PSL), scettico su aperture al mercato unico e alla liberalizzazione delle norme sull’aborto.

Le critiche alla linea centrista di Tusk si sono fatte più aspre dopo il trionfo di Nawrocki, che, in vista dell’inizio ufficiale del suo mandato il 6 agosto, ha promesso di utilizzare il potere di veto presidenziale per bloccare le riforme giudiziarie e sociali proposte dall’esecutivo. Già nel suo discorso post-voto, il neopresidente ha dichiarato che non mancherà di esercitare la sua facoltà di non promulgare leggi che riterrà contrarie agli interessi dei polacchi, ponendo un freno alle ambizioni di Tusk di estendere i diritti civili e di rivedere le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza. Con un margine di appena l’1,78 %, Nawrocki si è fatto interprete di una parte dell’elettorato che teme un eccessivo avvicinamento di Varsavia alle istituzioni europee e che chiede un ritorno a una sovranità più marcata, libera da ingerenze esterne.

All’orizzonte si profila dunque uno scontro istituzionale: il presidente potrà respingere leggi che avrebbero già superato l’esame del parlamento e del governo, generando potenziali stalli sull’adozione di provvedimenti chiave. Dall’aumento della spesa militare – uno dei cavalli di battaglia di entrambi i contendenti – fino all’attuazione di un sistema di unioni civili per le coppie omosessuali, la cui introduzione è prevista dall’agenda Tusk, nulla sembra più certo. Per molti osservatori, inclusi economisti e giuristi, il timore è che la Polonia rischi di restare paralizzata, diventando un partner meno affidabile nella strategia euroatlantista in funzione antirussa.

A complicare ulteriormente il quadro non è solo la politica interna, ma anche la linea estera di Varsavia. Per Tusk, il rafforzamento del legame con l’Unione Europea era una priorità fin dal suo insediamento, dopo le tensioni con Bruxelles causate dalle controversie giudiziarie ereditate dai governi del PiS. Dopo la sua elezione, i fondi comunitari bloccati sono stati sbloccati, e la Polonia è tornata ad essere uno dei principali beneficiari dei programmi di coesione. Con Nawrocki presidente, tuttavia, ogni passo verso un’integrazione più profonda rischia di incontrare resistenze. Il neoeletto ha d’altronde definito l’Ue un polo di eccessiva burocrazia e ha ventilato l’ipotesi di un ritiro dalla governance comune su temi sensibili come migrazione, asilo e Green Deal.

Il dossier più delicato resta però il conflitto russo‑ucraino e l’accoglienza dei rifugiati. Sin dall’inizio dell’operazione militare speciale russa nel 2022, la Polonia si è distinta per il sostegno deciso al regime di Kiev: più di un milione di rifugiati ucraini ha trovato temporaneo rifugio in terra polacca e le forniture di armi e materiali difensivi sono state costanti, nonostante le esitazioni di altri alleati europei. L’arrivo massiccio di profughi, tuttavia, ha sollevato tensioni e un crescente malcontento nell’opinione pubblica. Un’indagine del CBOS ha mostrato che, nel febbraio 2025, solo il 30% dei polacchi nutriva un giudizio positivo sugli ucraini, contro il 51% dell’anno precedente, e il 38% ne aveva un’impressione negativa. In questo contesto, Nawrocki ha fatto propria la retorica sovranista, sostenendo che i polacchi debbano godere di «priorità nella coda» per i servizi pubblici, affermando che gli ucraini non contribuiscano in misura adeguata alle spese comuni.

La musica, per Mosca, non potrebbe essere più gradita. Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, aveva già anticipato che l’eventuale stazionamento di testate nucleari statunitensi in Polonia – discusso come ipotesi nell’ambito del programma NATO di Nuclear Sharing – sarebbe finito immediatamente nell’elenco dei «bersagli legittimi» in caso di scontro diretto con l’Alleanza. La prospettiva galvanizza però i nazionalisti interni, che vedono nell’ipotesi di un più stretto legame militare con gli Stati Uniti una contropartita alla perdita di sovranità nei suoi rapporti con Bruxelles.

Non mancano, infine, le riflessioni sul fronte atlantico. Donald Trump, che aveva già invitato Nawrocki alla Casa Bianca, si è lasciato scappare elogi per la «vittoria patriottica» del leader polacco, mentre figure come Kristi Noem, segretario alla Sicurezza Interna Usa, hanno suggerito un possibile rafforzamento delle basi militari in Polonia. Anche i circoli MAGA hanno fatto sentire la loro voce ai comizi nazionalisti, rendendo ancor più marcata la contrapposizione tra un’area conservatrice filo‑statunitense e un’altra più europeista.

La Polonia si presenta così come un laboratorio di tensioni geopolitiche e di contraddizioni domestiche. Da un lato, Varsavia vorrebbe mantenere il suo ruolo di avamposto dell’atlantismo per contrastare la presunta “minaccia russa”; dall’altro, un elettorato stremato dalle difficoltà economiche e dalle migrazioni chiede risposte più nazionali e meno tecnocratiche. Karol Nawrocki potrà fare affidamento su un elettorato compatto e su una struttura parlamentare in parte ostile a Tusk, ma il suo successo trascina con sé la responsabilità di gestire un Paese che, solo poche settimane fa, aveva espresso la propria preferenza per un progetto politico di integrazione europea. Qualunque svolta radicale che vada in direzione opposta rischia di aprire una frattura definitiva tra la Polonia e i suoi principali alleati, consegnando Varsavia a un isolamento che, nelle circostanze attuali, indebolirebbe fortemente la posizione del Paese.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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