Il lascito di Biden macchiato dalla grazia al figlio Hunter e da Gaza

La grazia concessa da Joe Biden al figlio Hunter ha sollevato un polverone politico e giuridico. Il giudice Mark Scarsi ha archiviato il caso ma ha criticato duramente il presidente. Questo episodio si aggiunge alle controversie che segnano la presidenza Biden.

Dopo l’annuncio di Joe Biden di concedere la grazia al figlio Hunter, il giudice federale Mark Scarsi ha archiviato il caso dell’evasione fiscale da lui presieduto. Scarsi, però, ha criticato la mossa di Biden, asserendo che i poteri di clemenza del presidente vanno rispettati ma non includono di “riscrivere la storia”. Scarsi ha aggiunto che Hunter ha continuato a evadere le tasse e che la grazia concessa era immeritata.

È rarissimo che un giudice critichi l’operato di un presidente. I magistrati preferiscono, com’è giusto, comunicare mediante procedure legali e non si intromettono nella politica. Comunque sia, la grazia concessa a Hunter è stata criticata dai repubblicani, ma anche da leader democratici, perché Biden non ha mantenuto la promessa fatta in precedenza che non si sarebbe intromesso nel caso giudiziario del figlio. L’elezione di Donald Trump, però, gli ha fatto cambiare idea. Biden ha chiarito, non ingiustamente, che i reati di suo figlio—possesso illegale di arma da fuoco ed evasione fiscale—sono tipicamente affrontati con molta più leggerezza. La ragione per la serietà dei guai giudiziari si deve, secondo Biden, al suo cognome, attraverso il quale i repubblicani volevano colpire lo stesso presidente.

La mossa di Biden, però, rimane una macchia nel suo lascito, anche se non quella più grave. Biden non ha mantenuto la promessa fatta nella campagna elettorale del 2020 di presentarsi come candidato di transizione. Da candidato presidenziale, il 46esimo presidente aveva asserito che, dopo avere sconfitto Trump, si sarebbe messo da parte per aprire il cammino a nuovi leader del Partito Democratico.

Una volta eletto, però, Biden è stato incoraggiato dai suoi successi governativi, che gli sono stati riconosciuti dalla leadership democratica centrista, ma anche dall’ala sinistra del suo partito. Biden è riuscito, con maggioranze risicate alla Camera e al Senato, a fare approvare leggi che hanno messo a posto l’economia dopo la pandemia. Milioni di posti di lavoro sono stati creati, una crescita economica leader al mondo e la riduzione dell’inflazione al 2,5 percento. Inoltre, la legge sulle infrastrutture, promessa non mantenuta da Trump ma conseguita da Biden, spenderà miliardi nei prossimi dieci anni a sistemare le strade, i ponti e la banda larga.

Biden ha, però, sbagliato nel credere che sarebbe stato il candidato in grado di sconfiggere Trump per la seconda volta. La decisione di ricandidarsi, fatta verso la fine del 2023, chiuse le porte ad altri potenziali candidati democratici di scendere in campo. Biden non si rese conto, però, che i suoi successi legislativi, riconosciuti dal suo partito, non erano stati apprezzati dagli americani. Ciò riflette l’incapacità del presidente e dei suoi collaboratori di pubblicizzare il buonissimo lavoro fatto. A rendere difficile questo compito ha contribuito, ovviamente, Trump, che, in effetti, dopo la sua sconfitta mai riconosciuta nell’elezione del 2020, si è subito ricandidato. Le campagne politiche americane sono lunghissime, ma in questo caso Trump l’ha portata all’eccesso. Mentre Biden governava e faceva buon lavoro, Trump lo attaccava, riuscendo a convincere la maggioranza degli americani che il Paese andava a rotoli. I sondaggi gli davano ragione. La popolarità di Biden rimase bassa, e si calcola che il 70 percento degli americani vedeva il Paese sulla strada sbagliata.

Biden si rese conto che non sarebbe riuscito a sconfiggere Trump dopo il suo unico dibattito nel mese di giugno con il suo avversario, dove diede una chiara impressione di essere sfinito. Non aveva l’energia per governare e correre per la presidenza, decidendo dunque di gettare la spugna. Era troppo tardi per indire nuove primarie, e bisognava selezionare rapidamente un candidato adeguato, e la scelta cadde sulla sua vice Kamala Harris. I leader del partito, che sarebbero stati probabili candidati, scelsero di fare quadrato attorno alla Harris, vedendola come la migliore chance di evitare una sconfitta all’elezione. La vicepresidente condusse una campagna rispettabilissima, ma non riuscì nell’intento di sconfiggere Trump. Se un democratico non occuperà la Casa Bianca nel gennaio del 2025, Biden ritiene una buona dose di responsabilità.

L’altra macchia evidente della presidenza di Biden è, ovviamente, in politica estera. Dopo il feroce attacco di Hamas a Israele, il 7 ottobre del 2023, Biden fece il suo dovere di sostenere Benjamin Netanyahu. La risposta del primo ministro israeliano a Gaza è stata spropositata, causando la morte di più di 44 mila vittime, 13 mila dei quali bambini, e 800 sotto l’età di un anno. Biden ha cercato, senza riuscire, di frenare gli eccessi di Netanyahu, per i quali la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra. Il mandato include anche il ministro della difesa israeliana Yoav Gallant e alcuni leader di Hamas, incluso Al-Masri. La debole reazione di Biden per contenere Netanyahu rappresenta una macchia molto più grave della grazia concessa al figlio. Biden merita una buona dose di complicità per il disastro umanitario a Gaza.

CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte e del link originale.

Avatar di Sconosciuto

About Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.