Breve discorso in difesa dell’ex ministro dell’istruzione, dimessosi in questi giorni ed ingiustamente attaccato con la sola colpa di essere stato l’unico a tentare di salvare la scuola italiana da morte certa.

Il termine greco απολογία sta ad indicare un “discorso in difesa di qualcuno o qualcosa”, generalmente scritto o pronunciato in difesa di se stessi. In origine, infatti, l’apologia era la difesa in sede di processo di una persona accusata, come nel caso della celebre “Apologia di Socrate”, riportata tanto da Platone quanto da Senofonte, pronunciata dal filosofo greco prima della sua condanna a morte.
Venendo ai nostri giorni, ci tocca scendere in campo per la difesa di Lorenzo Fioramonti, dimessosi di recente dalla posizione di ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca del governo Conte II. Alcune testate nazionali hanno descritto come “inaspettate” queste dimissioni presentate proprio nel periodo natalizio, quasi a voler guastare le feste dell’esecutivo, ma in realtà il professore di economia politica non ha fatto altro che mantenere le promesse fatte.
Nominato lo scorso 5 settembre, Fioramonti aveva fatto delle richieste molto chiare al suo governo, in particolare per quanto riguarda la rifinanziarizzazione dell’istruzione pubblica italiana. In un’intervista rilasciata lo scorso 18 novembre a “Il Messaggero”, Fioramonti aveva affermato di essere pronto a rassegnare le proprie dimissioni qualora nella legge di bilancio non fossero stati trovati fondi per tre miliardi di euro da destinare all’istruzione.
Ebbene, Fioramonti non ha fatto altro che mantenere le proprie promesse: quei fondi non sono stati messi a disposizione dell’istruzione, ed il ministro ha coerentemente deciso di rassegnare le proprie dimissioni. Ciò può risultare sorprendente solamente in un Paese abituato a politici menzogneri ed i cui elettori hanno la memoria assai corta: ci basta ricordare il caso di Matteo Renzi, che aveva annunciato la fine della propria carriera politica al sopraggiungere della sconfitta nel referendum costituzionale, mentre oggi siede bellamente in Senato ed è leader di un partito da lui fondato, Italia Viva.
La nostra difesa di Fioramonti non deriva da un sostegno generalizzato alle scelte politiche dell’ex ministro, espressione di un partito assai criticabile come il Movimento 5 Stelle. Semplicemente ci preme metterne in risalto la coerenza e l’impegno profuso in favore dell’istruzione pubblica italiana, settore ormai lasciato alla deriva da anni. Se guardiamo ai nomi dei predecessori di Fioramonti, non troviamo altro che un elenco di assassini del’istruzione e della ricerca, partendo da Letizia Moratti e proseguendo con Giuseppe Fioroni, Mariastella Gelmini o ancora la falsificatrice di titoli di studio Valeria Fedeli.
Insomma, possiamo dire senza tema di smentite che Fioramonti è stato un ministro dell’istruzione migliore rispetto a tutti i suoi predecessori degli ultimi vent’anni: il solo fatto di non aver fatto danni lo qualifica in questo senso. Del resto, è semplicemente stato l’unico a proporre una rifinanziarizzazione del settore educativo, ridotto ai minimi termini da continui tagli, tra i quali spicca naturalmente la mannaia scagliata dalla riforma Gelmini. Certo, i tre miliardi chiesti da Fioramonti avrebbero rappresentato solamente un primo passo, ma si sarebbe trattato comunque di una importante inversione di tendenza rispetto all’ultimo ventennio.
Come se non bastasse, alla mancata attribuzione dei tre miliardi all’istruzione ed alle dimissioni del ministro ha fatto seguito la sciagurata decisione del primo ministro Giuseppe Conte di scindere il ministero in due: da oggi, avremo un ministro dell’istruzione, Lucia Azzolina, ed un ministro dell’università e della ricerca Gaetano Manfredi. Se Manfredi, quanto meno, ha alle spalle la presidenza della Conferenza dei rettori, su Azzolina sembrano esserci parecchi dubbi circa le sue competenze, visto che, secondo alcune testimonianze, avrebbe collezionato voti miseri in un recente concorso pubblico.
Soprattutto, la scelta di scindere il ministero in due rischia di nascondere un piano ben preciso: favorire le eccellenze dell’istruzione universitaria e la ricerca, che danno sicuramente un grande prestigio internazionale al Paese, a svantaggio della scuola e dell’istruzione per tutti. Speriamo naturalmente di sbagliarci, ma i segnali, a partire dal diverso curriculum dei due nuovi ministri, non sembrano essere positivi, e la scuola italiana sembra destinata a proseguire il proprio cammino sul crinale del declino. Fioramonti, quanto meno, ci ha provato.
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