Israele: il momento della capitolazione per Benjamin Netanyahu?

Battuto alle elezioni legislative del 17 settembre, Benjamin Netanyahu sembra destinato ad abbandonare la carica di primo ministro di Israele. Ma “Bibi” non vuole saperne di accettare la sconfitta.

Le elezioni legislative del 17 settembre potrebbero aver segnato la fine del regno di Benjamin Netanyahu alla guida del governo israeliano. In carica dal 1996 al 1999 e poi rieletto nel 2009, “Bibi” è il primo ministro più longevo nella storia di Israele, oltre ad essere stato il primo a non essere nato all’estero.

Se, alle elezioni di aprile, Netanyahu si era accontentato di un sostanziale pareggio con il suo grande rivale, Benny Gantz, questa volta il leader dell’opposizione è riuscito ad avere la meglio, seppur di poco. Già dopo la tornata di cinque mesi fa – è bene ricordarlo – Netanyahu non era riuscito a formare una maggioranza di governo, costringendo il presidente Reuven Rivlin a sciogliere le camere per convocare nuove elezioni.

Questa volta, invece, il premier sionista ha visto il partito-cartello di Gantz, Blu e Bianco (כחול לבן, Kahol Lavan) il conquistare il primato con 25.93% delle preferenze e la conquista di 33 seggi sui 120 che costituiscono la Knesset, il parlamento israeliano. Il risultato di Gantz è stato corroborato anche da un’affluenza alle urne in crescita rispetto alle precedenti consultazioni (69.29%). Quanto ai nazionalisti di Netanyahu, il Likud (in ebraico: ליכוד, cioè “consolidamento”) ha perso ben sette scranni, attestandosi sul 25.09%. Una differenza di pochi decimi, che però vale due seggi di scarto rispetto a Blu e Bianco, nonostante il sistema sostanzialmente proporzionale.

Notevole il risultato per la Lista Comune (in ebraico: הַרְשִׁימָה הַמְשׁוּתֶּפֶת, HaReshima HaMeshutefet; arabo: القائمة المشتركة, al-Qa’imah al-Mushtarakah), coalizione politica che rappresenta le principali forze dei cittadini israeliani di etnia araba. Nata nel 2015 per iniziativa del partito comunista Hadash (acronimo dell’ebraico haHazit haDemokratit leSHalom veleShivyon, in italiano Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza), la Lista Comune si è classificata terza con il 10.62% delle preferenze, ed ottenendo così tredici seggi, tre in più rispetto ad aprile.

In tutto, sono nove i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento, fissata al 3.25%. I più delusi sono sicuramente i laburisti del partito Labor-Gesher, guidato da Amir Peretz, che ha eletto solamente sei deputati (4.80%). Tra le forze che hanno incrementato la propria rappresentanza, invece, ci sono gli ebrei ultraortodossi di Shas (7.44%, nove deputati) e soprattutto Israel Beitenu (in ebraico ישראל ביתנוYisra’el Beiteinu, letteralmente “Israele, casa nostra”), partito nazionalista che rappresenta i cittadini di origine russa, in grado di eleggere otto deputati (6.99%) sotto la guida di Avigdor Lieberman, che ha ricoperto diversi incarichi ministeriali in passato.

Completano il quadro delle forze politiche rappresentate nella Knesset il partito conservatore Giudaismo Unito nella Torah (יַהֲדוּת הַתּוֹרָה הַמְאוּחֶדֶת, Yahadut HaTora HaMeuhedet), con otto deputati e l’8.08%, l’alleanza conservatrice Yamina (letteralmente “Diritto”), con sette rappresentanti ed il 5.88% dei voti, ed infine l’Unione Campo Democratico (המחנה הדמוקרטי‎, HaMaḥaneh HaDemokrati), che ha eletto cinque deputati ottenendo il 4.34% dei suffragi.

Proprio come ad aprile, dunque, nessuna forza politica è riuscita ad ottenere la maggioranza assoluta dell’emiciclo, fissata a 61 seggi. Secondo gli analisti politici israeliani, Gantz dovrebbe a questo punto essere il favorito per la formazione del governo, soprattutto se Lieberman deciderà di appoggiare il candidato di Blu e Bianco contro il suo ex alleato Netanyahu. L’estremista “Bibi”, invece, spera di riportare all’ovile il suo ex ministro, e conta sulla possibilità di rinsaldare i legami con le liste più spostate a destra. Certamente, nessuno dei due aspiranti premier ricorrerà ai tredici scranni occupati dalla Lista Comune.

Messo davanti all’eventualità di dover cedere lo scettro del comando, Netanyahu avrebbe proposto persino un’alleanza trasversale a Gantz, dopo che i due si sono pesantemente attaccati durante la duplice campagna elettorale. L’eventuale fuoriuscita di “Bibi” dalla stanza dei bottoni sarebbe naturalmente una buona notizia, ma l’entusiasmo di alcuni ambienti di sinistra nei confronti della vittoria di Gantz appare comunque eccessiva. L’altro Benjamin, infatti, non sembra affatto differente dal suo avversario per quanto riguarda la sostanza: certamente, Gantz può vantare una retorica meno violenta e più “politically correct” rispetto a Netanyahu, ma certamente non sarà lui ad implementare i diritti dei cittadini israeliani di etnia araba o a raggiungere la pace con la Palestina, cancellando le occupazioni territoriali promosse da Netanyahu. Per quanto il confronto con Netanyahu possa farlo apparire moderato, Gantz resta uno strenuo sostenitore del sionismo nonché un liberista di destra, che ci lascia ben poco fiduciosi per l’avvenire.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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