Le elezioni presidenziali e quelle legislative hanno sancito una duplice schiacciante vittoria dell’ex comico Volodymyr Zelens’kyj. Tuttavia, vi sono alcuni punti critici sui quali è necessario fare ulteriore chiarezza.

Nuovo presidente dell’Ucraina e sostenuto da una solidissima maggioranza parlamentare, Volodymyr Zelens’kyj è passato in poco tempo dal ruolo di attore satirico a quello di primo cittadino di un Paese di 45 milioni di abitanti, il secondo per estensione in Europa, naturalmente dopo la Russia.
La doppia tornata elettorale ucraina – presidenziali e legislative – ha destato naturalmente l’attenzione di tutti gli osservatori internazionali, vista l’oramai lunga situazione di guerra civile e di tensione internazionale con la Russia. Tale scenario non ha permesso a molti cittadini di votare: i tre milioni di ucraini residenti in Russia non avevano nessun seggio elettorale allestito per loro, così come non hanno potuto votare i cittadini residenti nella regione del Donbass, dove si trovano le due repubbliche popolari autoproclamatesi indipendenti, quella di Doneck e quella di Luhansk.
Tale situazione, unita alla perdita della Crimea – oramai, piaccia o meno, parte integrante della Federazione Russa, ha portato alla più bassa affluenza alle urne nella storia dell’Ucraina, in quanto meno della metà degli aventi diritto ha espresso la propria preferenza (49.8%). Tale situazione, naturalmente, porta non pochi dubbi sull’effettiva legittimità delle elezioni, visto che il 12% degli elettori potenziali è stato di fatto impossibilitato nell’usufrutto del proprio diritto.
Chi si è immediatamente prodigato nell’esprimere un giudizio favorevole sulle elezioni ucraine è invece l’ambasciata statunitense di Kiev, che ha parlato, nel proprio comunicato ufficiale, di elezioni regolari e democratiche. Curiosamente, tale giudizio è stato espresso il 22 luglio, il giorno dopo le elezioni, quando ancora non erano stati pubblicati i risultati definitivi: un giudizio interessato ed a dir poco affrettato. Oltrettutto, a smentire questo scenario idilliaco, i report della polizia ucraina hanno segnalato ben 56 casi di crimini legati alle elezioni e 52 irregolarità amministrative, numeri record nella storia dell’Ucraina.
Secondo i critici, come l’analista politico Aleksandr Semčenko, nonostante le promesse elettorali, Volodymyr Zelens’kyj sarebbe il nuovo uomo scelto da Washington per sostituire l’oramai screditato ex presidente Petro Porošenko, sancendo dunque un mero passaggio di consegne alla guida del fronte anti-russo. Tra le fila degli eletti del partito dell’attuale presidente, Servo del Popolo (in ucraino: Слуга народу), figura ad esempio il discusso Nikita Poturajev, che in passato ha parlato della Russia come di uno “Stato fascista“, arrivando a dichiarare che “Putin dovrebbe impiccarsi“.
Tale situazione potrebbe presto risvegliare quegli elettori che avevano deciso di dare il proprio voto Volodymyr Zelens’kyj sperando che il nuovo presidente avrebbe posto fine alla guerra, migliorato le relazioni con la Russia e restituito i diritti civili e sociali alla minoranza russa che risiede in Ucraina. Con la maggioranza assoluta in parlamento, il presidente ora mostrerà il suo vero volto: continuare con le politiche antirusse e filostatunitensi, come dimostrerebbero le unità militari recentemente posizionate a Mariupol’ e Berdjans’k, o dare inizio all’inversione di rotta. Purtroppo, tra i pochi provvedimenti presi fino ad ora sotto il nuovo presidente, l’Ucraina ha promosso una legge per concedere la cittadinanza ai “volontari militari che combattono nel Donbass“: una forma per legalizzare il ricorso alle milizie straniere – composte principalmente da neonazisti – che combattono contro le repubbliche popolari di Doneck e Luhansk.
In ultimo, dobbiamo sottolineare ancora una volta l’esclusione forzata del Partito Comunista d’Ucraina (Комуністична партія України, Komunistychna Partiya Ukrayiny, KPU) dall’agone elettorale, fatto che ha privato gli elettori di una alternativa reale allo status quo. Proprio di recente, l’esperto di diritto Vasyl Sirenko ha pubblicato un’analisi per dimostrare come l’esclusione del KPU sia ingiustificata dal punto di vista legislativo, ed anzi rappresenti addirittura un provvedimento contrario alla Costituzione. Secondo Sirenko, l’attuale repressione dei comunisti negherebbe il ruolo svolto dagli stessi nell’ottenimento dell’indipendenza il 24 agosto 1991 e vorrebbe equiparare il comunismo al nazismo, con l’assurda contraddizione che molti partiti, compreso quello dell’ex presidente Petro Porošenko, possono tranquillamente partecipare alle elezioni utilizzando simboli e slogan di matrice neonazista. La sola esposizione dei simboli di falce e martello, potrebbe portare a cinque anni di reclusione. “Non dobbiamo dimenticare – afferma Sirenko – il fatto storico che l’Unione Sovietica comunista ha sconfitto la Germania fascista. Ed in questa lotta contro il fascismo, il Comunismo ha giocato un ruolo decisivo, dal punto di vista fisico e matariale così come per il contenuto ideologico. I nazisti uccidevano i comunisti e gli ebrei per il mero fatto di appartenere a questi gruppi sociali. Nessuno può negare questo fatto dal punto di vista morale o legale“.
Per smentire l’analisi che lo vorrebbe nuovo burattino nelle mani di Washington, Volodymyr Zelens’kyj avrà tutte le possibilità di sfurttare la sua maggioranza assoluta per dare il via ad il cambiamento di rotta: il processo di pace con le repubbliche popolari del Donbass, il riavvicinamento con la Russia, la difesa dei diritti delle minoranze etniche e la riabilitazione del Partito Comunista sono alcune delle sfide che gli sono state lanciate dal suo elettorato, ma che fino ad ora il capo di Stato ucraino ha fatto ben poco per raccogliere.
CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK
Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte e del link originale.