L’Ungheria di Orbán: le ragioni di un potere incontrastato

Se anche voi avete creduto alla favola del successo del Front National in Francia, dove è stata spacciata per vittoria la perdita di oltre un punto percentuale della forza di estrema destra, è perché non vi siete interessati abbastanza alla recente storia elettorale dell’Ungheria. Se c’è un Paese in Europa dove le destre straripano, infatti, quello è proprio l’Ungheria di Viktor Orbán, Primo Ministro magiaro dal 2010 (in realtà lo era già stato dal 1998 al 2002, ma allora nessuno se n’era accorto).

Il leader del partito Fidesz (Fidesz – Magyar Polgári Szövetség), forza nazionalista e conservatrice, ha ottenuto un’altra brillante vittoria alle ultime elezioni parlamentari, anche se con una perdita dal punto di vista percentuale, che non ha comunque pregiudicato la maggioranza assoluta del Fidesz. Le elezioni del 6 Aprile scorso sono state le prime dall’introduzione della nuova costituzione voluta proprio da Orbán, che tra l’altro ha portato alla riduzione del numero dei seggi del Parlamento da 386 a 199 (quasi la metà): un provvedimento che ricorda molto i dibattiti politici del momento in Italia, ed in particolare le posizioni assunte da tempo da forze populiste come il M5S.

Fidesz ha ottenuto il 52,73%, con una perdita di oltre otto punti percentuali, fatto che non preoccupa il centrodestra ungherese visto che grazie alla nuova legge vigente ha guadagnato 133 dei 199 seggi disponibili. A destare scalpore fra gli osservatori, però, è soprattutto la crescita della forza della destra estremista e filonazista Jobbik Magyarországért Mozgalom, il partito di Gábor Vona, che ha superato la soglia del 20% con un incremento di quasi quattro punti percentuali rispetto alle ultime elezioni, ottenendo 23 seggi: questo partito si situa in realtà all’opposizione, in quanto le posizioni del Fidesz sarebbero troppo moderate per questo partito fortemente populista e xenofobo.

La principale forza di opposizione resta comunque il Partito Socialista MSZP (Magyar Szocialista Párt), che era inserito nella coalizione Unità (Összefogás), la quale ha ottenuto il 25,99% delle preferenze (+6,29%) e 38 seggi. Nel panorama del centrosinistra si situa anche il partito LMP (Lehet Más a Politika– La politica può essere diversa) con i suoi cinque seggi (5,26%). Resta invece fuori dal Parlamento la sinistra comunista nonostante un incremento per il Partito dei Lavoratori (Magyar Munkáspárt) che si ferma allo 0,58%.

Sebbene abbia scontato una perdita di consensi, senza dimenticare l’affluenza alle urne non altissima (61,24%) e le critiche piovute contro il nuovo sistema elettorale, creato a tavolino per rafforzare il potere della destra, non si può negare il successo che Orbán sta ottenendo presso l’elettorato ungherese. Le leggi bavaglio per la censura dell’informazione ed il controllo della politica sulla magistratura sono alcune tra le misure più gravi e deprecabili prese dal governo, ma da sole non bastano a spiegare le vittorie incontrastate che si susseguono ad ogni tornata elettorale. La ricetta è in realtà molto semplice: Orbán dice quello che le persone vogliono sentirsi dire.

Come in gran parte d’Europa, anche in Ungheria il sentimento antieuropeista si sta facendo sempre più largo tra la popolazione. Prima di andare al governo, Orbán era un convinto oppositore dell’UE, fatto che ha giocato un ruolo importante nella presa del potere. Una volta salito sul ponte di comando, il leader del Fidesz è rimasto antieuropeista, ma ha ammorbidito le sue posizioni, rendendosi probabilmente conto delle difficoltà che avrebbe incontrato nel proclamare l’immediata fuoriuscita dell’Ungheria dall’Unione. Di questa debolezza ne ha approfittato proprio l’estrema destra di Jobbik, che invece è intransigente su questo punto, al quale deve buona parte del suo incremento percentuale.

In un momento in cui le forze di sinistra, sia al livello partitico che della società civile, non si sono dimostrate in grado di formulare una risposta precisa e decisa alla crisi politica ed economica vigente, l’unica soluzione proposta agli ungheresi è stata quella nazionalista di Orbán. Quest’ultimo ha preso delle misure che gli sono valse l’approvazione popolare, in particolare a favore delle classi politiche più svantaggiate, riducendo le tasse e le bollette, grazie ad una ripubblicizzazione del settore energetico ed agli accordi stipulati con Putin, aumentando i salari ed arrivando ad un decremento della disoccupazione.

Grazie a questi provvedimenti, la destra di Fidesz è riuscita a raccogliere consensi non solo dalla classe borghese, che rappresenta il suo storico elettorato, ma anche presso quelle classi sociali che generalmente compongono l’elettorato della sinistra. Una sinistra che, in Ungheria come in molti Paesi d’Europa, fatica a leggere la crisi ed a prendere una posizione decisa, fatto che sconta con pesanti sconfitte a vantaggio non solamente del centro-destra, ma anche di quelle forze di estrema destra come Jobbik, che fanno della violenza (non solo verbale) e della xenofobia il proprio credo politico.

CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte e del link originale.

Avatar di Sconosciuto

About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.