
Nel dicembre 2012 si erano svolte nell’emirato del Kuwait le elezioni parlamentari che avrebbero dovuto garantire un nuovo governo al Paese arabo. Ma solo sei settimane prima delle votazioni, la maggioranza aveva cambiato la legge elettorale, attirandosi le ire dell’opposizione, che accusava il Governo di voler manipolare il voto.
In seguito ad un lungo dibattito, il 16 giugno 2013 la Corte Costituzionale ha deciso di sciogliere la Camera e di richiamare i cittadini alle urne il 25 luglio, per poi rimandare le elezioni al 27. In Kuwait non si tratta del primo episodio di questo tipo, anzi lo scioglimento anticipato del Parlamento sta diventando quasi un’abitudine: nel 2009, l’emiro Sabah Al-Sabah aveva sciolto la Camera per incostituzionalità; nel febbraio 2012, era stata la Corte Costituzionale a fare lo stesso, come poi è nuovamente avvenuto due mesi fa.
I risultati hanno confermato la tendenza delle ultime, seppur brevi, legislature, con 24 seggi conquistati dai candidati tribali, mentre i Sunniti ne hanno ottenuti sette ed i liberali tre. In flessione invece il gruppo Shia, che scende da 17 a 8 rappresentanti.
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