
Il 16 dicembre i giapponesi sono stati chiamati alle urne per rinnovare i membri della camera bassa della Dieta Giapponese, ed il risultato che ne è venuto fuori ha modificato gli equilibri del potere: dopo soli tre anni, il Partito Democratico del Giappone ha dovuto cedere il passo alla netta vittoria del Partito Liberal-Democratico, sotto la guida del leader Shinzo Abe. L’affluenza alle urne non ha raggiunto il 60%, facendo registrare il dato più basso dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il Partito Democratico del Giappone, guidato da Yukio Hatoyama, era salito al potere nel 2009 per la prima volta dal secondo dopoguerra. In un primo momento, Hatoyama era divenuto primo ministro, ma è poi stato sostituito da Naoto Kan, che ha sua volta aveva perso l’incarico in favore di Yoshihiko Noda. Vista la problematica situazione economica, Noda aveva deciso di sciogliere il Parlamento, chiamando i cittadini alle urne.
Sui 480 seggi disponibili, il Partito Liberal-Democratico ne ha ottenuti 294, più del doppio rispetto alle elezioni del 2009, raggiungendo il 43% dei consensi. Il partito sconfitto, il Partito Democratico del Giappone, è invece passato da 230 a 57 seggi, insidiato dalla terza forza politica del paese, il Partito della Restaurazione, recentemente fondato da Shintaro Ishihara, che ha ottenuto 53 seggi.
I Liberal-Democratici, oltre ad avere una maggioranza ragguardevole, potranno anche contare sugli alleati del Nuovo Komeito, il quarto partito del paese, con 31 seggi.
Il Partito Comunista (Kyosanto), infine, viaggia su una media del 7%.
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