La tradizione premia Obama

Correva l’anno 1992, quando George H. W. Bush, presidente uscente, venne sconfitto da Bill Clinton. Al momento si tratta dell’ultima volta in cui un presidente degli Stati Uniti d’America non sia stato riconfermato dopo il primo mandato. In precedenza era toccato a Jimmy Carter, sconfitto nel 1980 da Ronald Reagan: Carter aveva pagato la sua “debolezza” nella politica internazionale, secondo l’opinione degli elettori americani, che gli avevano preferito un uomo forte come Reagan. Per trovare un terzo caso, bisogna tornare indietro fino al 1932, quando, nel bel mezzo della crisi economica, Herbert Hoover fu sconfitto da Franklin Delano Roosevelt. Per il resto, dalla prima guerra mondiale ad oggi, tutti i presidenti della storia a stelle e strisce sono stati confermati, almeno per un secondo mandato (Roosevelt ne ha ottenuti ben quattro, cosa oramai resa impossibile dalla costituzione), o lo sono stati i loro sostituti, in caso di dimissioni o morti.

In questa logica si può leggere la risicata vittoria di Barack Obama su Mitt Romney. Gli statunitensi tendono a premiare il presidente uscente con un secondo mandato, ma, allo stesso tempo, ciò lascia presagire una vittoria repubblicana alle prossime elezioni del 2016, quando si sentirà la mancanza di Obama e sarà difficile trovare un leader in grado di rimpiazzarlo. È spesso avvenuto nella storia degli Stati Uniti e, al momento, c’è motivo di credere che ciò continui ad avvenire.

Pur beneficiando di questo aspetto “tradizionalista” dell’elettorato statunitense, Obama ha pagato la disillusione di tutte le aspettative maturate con la sua prima elezione, quelle speranze di una gran parte della popolazione che sono rimaste disattese.

Ma cosa ha Obama in più di Romney? Dire che i due siano uguali è una banalità senza senso, così come lo è il pensare che ci sia una differenza abissale. Obama non ha mostrato un atteggiamento internazionale diverso da quello di Bush: gli interventi militari non sono mancati, l’embargo contro Cuba non è terminato, la base di Guantánamo è ancora operativa, le operazioni in Afghanistan sono continuate. Certo, ha apportato dei miglioramenti con la riforma sanitaria, ma si tratta pur sempre di miglioramenti risibili per un Paese che impiega quasi il 15% del proprio PIL in spese sanitarie, ma non è presente tra i migliori 20 sistemi sanitari del mondo, ed è solamente 6° nella classifica dei sistemi sanitari del continente americano. In più, ci si è messa anche la crisi economica, che non ha reso di certo facile la vita ad Obama, ma che allo stesso tempo ha mostrato ancora una volta il potere delle lobby sul presidente degli USA, chiunque sia. Il salvataggio delle banche è divenuto prioritario, ed allora Obama ha dovuto mettere da parte tutte le sue promesse di riforme sociali.

Non c’è dubbio, è sempre meglio un democratico come Obama che un repubblicano come Romney alla Casa Bianca. Una vittoria di Romney non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione già precaria delle fasce più deboli della popolazione, duramente colpite dalla crisi. Ma, allo stesso tempo, è eccessivo esultare per la vittoria di un presidente che ha deluso le aspettative di una buona parte del suo elettorato, così come degli osservatori internazionali. In più, Obama dovrà tener conto del risultato delle elezioni della House of Representatives, che sembra destinata ad una prevalenza repubblicana: insomma, neanche questo secondo mandato si annuncia facile per il primo presidente afroamericano della storia.

Per la cronaca, il terzo miglior candidato per risultato elettorale è stato è stato Gary Johnson, del Libertarian Party, che ha raggiunto l’1% dei voti.

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About Giulio Chinappi

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Dal 2012 si occupa di Vietnam, Paese dove risiede tuttora e sul quale ha pubblicato due libri: Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam (2018) e Storia delle religioni in Vietnam (2019). Ha inoltre partecipato come coautore ai testi Contrasto al Covid-19: la risposta cinese (Anteo Edizioni, 2020), Pandemia nel capitalismo del XXI secolo (PM Edizioni, 2020) e Kim Jong Un – Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare (Anteo Edizioni, 2020).

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