
La scorsa domenica due delle comunità autonome spagnole, la Galizia e i Paesi Baschi, sono andate alle urne per rinnovare i rispettivi parlamenti. Un banco di prova importante per il Partido Popular, attualmente al governo sotto la guida di Mariano Rajoy.
In Galizia, una delle roccaforti storiche del partito di Rajoy, il PPdeG (Partido Popular de Galicia) ha registrato una buona tenuta, superando il 45% dei consensi. Grave invece la perdita del PSdeG (Partido dos Socialistas de Galicia), che cede 10 punti percentuali e si ferma al 20%. L’AGE, la sinistra galiziana, formata da comunisti e nazionalisti di sinistra, ha registrato un ottimo risultato, con il 13,99% dei consensi. Perdono invece i nazionalisti di destra, fermi al 10%, rispetto al 16% delle elezioni precedenti. Grazie al premio di maggioranza, i popolari del nuovo presidente Alberto Núñez Feijoo possono quindi governare la comunità galiziana, ma il blocco della sinistra alternativa annuncia battaglia, sull’onda della crisi che ormai affligge la Spagna da troppo tempo. Inoltre, i nazionalisti sia di destra che di sinistra rappresentano una fetta importante della popolazione che spinge verso una maggiore autonomia, se non l’indipendenza.
Diverso, ma non troppo, il discorso dei Paesi Baschi, o meglio, Euskadi. Si impone la denominazione basca, vista la vittoria dei nazionalisti dell’EAJ (Euzko Alderdi Jeltzalea, Partito Nazionalista Basco), guidati da Inigo Urkullu, che ottengono il 34.64%. La spinta centrifuga è quindi ben maggiore in Euskadi, ed è confermata dalla grande crescita della sinistra nazionalista (Euskal Herria Bildu-EHB), che sale al 25% ed ottiene 16 seggi in più rispetto alle precedente tornata elettorale. I socialisti del PSE-EE (Euskadiko Alderdi Sozialista – Euskadiko Ezkerra, Partito Socialista Basco – Sinistra Basca) sono la prima forza non nazionalista (19%) e registrano un calo dopo la presidenza di Patxi López, che nel 2009 era divenuto il primo presidente degli ultimi trent’anni a non essere un nazionalista. Anche il Partido Popular registra un calo e si ferma all’11%.
Con il perpetrarsi della crisi, la Spagna sta quindi vedendo accentuarsi le spinte centrifughe per una maggiore autonomia regionale se non, addirittura, per l’indipendenza dal governo di Madrid. I due partiti spagnoli principali (il PP e il PSOE, nelle loro varie denominazioni regionali) fanno fatica ad affermarsi nelle realtà delle comunità autonome, essendo entrambi ritenuti responsabili della crisi attuale. Una probabile conferma di questa tendenza ci sarà con le prossime elezioni del parlamento catalano.
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