Ecuador: Andrés Arauz favorito per le presidenziali
Ex ministro di Rafael Correa, il candidato progressista Andrés Arauz guida i sondaggi per le presidenziali in Ecuador, che avranno luogo il prossimo 7 febbraio.
Ex ministro di Rafael Correa, il candidato progressista Andrés Arauz guida i sondaggi per le presidenziali in Ecuador, che avranno luogo il prossimo 7 febbraio.
Come già accaduto in Brasile con Lula, anche in Ecuador ed in Bolivia la destra si sta adoperando per impedire ai più quotati candidati progressisti di presentarsi alle elezioni, rispettivamente Rafael Correa, già presidente dal 2007 al 2017, e Luis Arce, esponente del MAS di Evo Morales.
Cinque mesi fa, nella giornata di domenica 2 aprile, i cittadini dell’Ecuador sono stati chiamati ad eleggere il nuovo presidente del Paese sudamericano. In ballo c’era la successione al cinquantaquattrenne Rafael Correa, giunto oramai alla fine del suo terzo mandato. Tra i leader progressisti più amati dell’America Latina, Correa aveva infatti deciso di rispettare fino in fondo i dettami costituzionali, che gli vietavano di chiedere agli elettori un nuovo mandato presidenziale, essendo già stato eletto in tre occasioni (2006, 2009 e 2013), posizione ribadita anche quando i suoi sostenitori si sono mobilitati per raccogliere le firme al fine di indire un referendum costituzionale per modificare questo limite.
La delicata situazione che sta vivendo in questi giorni il Venezuela, unita al passaggio di potere dai governi progressisti a quelli liberisti in alcuni importanti Paesi come il Brasile e l’Argentina, ha fatto pensare a molti che l’epoca del progressismo in America Latina stesse volgendo al termine. I cantori del capitale, sia latinoamericani che occidentali, si sono immediatamente affrettati a parlare di post-progressismo, ma ad un’analisi più attenta si può capire facilmente che i movimenti della sinistra progressista hanno ancora qualcosa da dire in quel continente.
Domenica sarà una giornata fondamentale per il futuro politico dell’Ecuador e di tutta l’America meridionale: i cittadini ecuadoregni saranno infatti chiamati ad eleggere il nuovo capo di stato, successore del cinquantaquattrenne Rafael Correa, giunto oramai alla fine del suo terzo mandato. Tra i leader progressisti più amati dell’America Latina, Correa ha infatti deciso di rispettare fino in fondo i dettami costituzionali, che gli vietano di chiedere agli elettori un nuovo mandato presidenziale, essendo già stato eletto in tre occasioni (2006, 2009 e 2013), posizione ribadita anche quando i suoi sostenitori si sono mobilitati per raccogliere le firme al fine di indire un referendum costituzionale.
Sin dalla sua prima campagna elettorale, nel 2006, Rafael Correa ha fatto della sanità pubblica uno dei punti cardine del proprio programma. Oggi, dopo otto anni alla presidenza dell’Ecuador, il leader dell’Alianza PAIS (Patria Altiva y Soberana – Patria Orgogliosa e Sovrana) può vantare ottimi risultati rispetto alla situazione di partenza. Prima della sua elezione, la sanità pubblica della repubblica sudamericana vantava un budget di 561 milioni di dollari, quasi triplicato per raggiungere quota 1,774 miliardi di dollari nel 2012, pari al 6.8% del budget nazionale ed al 2.9% del PIL. Inoltre, sono stati aumentati i salari per i medici ed il personale che opera nel settore, mentre è stata garantita l’assistenza medica ai bambini in età prescolare e scolare.
Il 17 febbraio era un giorno molto atteso in Ecuador, uno degli stati più piccoli dell’America Meridionale (è appena più piccolo dell’Italia). Le elezioni presidenziali erano viste come una scelta decisiva: continuare la Rivoluzione Democratica e Cittadina, iniziata nel 2007 con la prima elezione di Rafael Correa, oppure tornare al passato, come sottolineato dal manifesto elettorale dello stesso Correa.