In un clima di intimidazioni, Trump alimenta la paura tra magistrati con insulti e minacce, mentre la protezione giudiziaria vacilla sotto il controllo politicizzato del Dipartimento di Giustizia. Magistrati chiedono indipendenza e sicurezza per difendere lo Stato di diritto.

“Mandare una pizza a un giudice o al figlio di un giudice a nome del mio figlio assassinato con un messaggio intimidatorio di fare la fine di Daniel Anderl?” Così la giudice Esther Salas del New Jersey, in un’intervista alla Public Broadcasting System (PBS), reiterava il clima di paura per i magistrati americani sotto l’amministrazione di Donald Trump. Va ricordato che cinque anni fa uno squilibrato ha visitato la residenza della giudice Salas, uccidendo il figlio e ferendo il marito. Nell’intervista, Salas ha additato la retorica minacciosa di Trump verso i magistrati, che alimenta gli attacchi ai giudici.
La tecnica intimidatoria di inviare pizze ai domicili di giudici opposti alle politiche di Trump è divenuta comune: centinaia di pizze recapitate da individui che avvertono di fare attenzione poiché gli indirizzi sono noti. I mandanti sono influenzati dalla retorica incendiaria del presidente.
Gli attacchi ai magistrati proseguono: anche durante il Memorial Day, Trump ha rilasciato un messaggio in lettere maiuscole, attaccando i “giudici… che proteggono gli spacciatori, gli stupratori, i membri delle gang… permettendo loro di continuare i loro reati”.
L’atmosfera di tensione è alimentata dalle decisioni giudiziarie che non piacciono all’inquilino della Casa Bianca. La protezione dei giudici è affidata agli US Marshals, corpo di polizia del Dipartimento di Giustizia, guidato da Pam Bondi, fedelissima di Trump, che agisce come avvocato personale del presidente. Si teme che gli US Marshals non garantiscano adeguata sicurezza ai giudici federali, mentre la Corte Suprema dispone di un corpo speciale. A Washington, magistrati hanno discusso di trasferire la protezione dei giudici federali dalla giurisdizione del Dipartimento di Giustizia a un’unità indipendente sotto il controllo del presidente della Corte Suprema, John Roberts.
Il ministro di Giustizia, nominato dal presidente, dovrebbe agire indipendentemente, arrivando persino a indagare il capo dell’esecutivo in casi eccezionali. Nel primo mandato di Trump, il ministro repubblicano iniziò le indagini sul Russiagate, sfociate nella nomina di Robert Mueller. Anche Merrick Garland, ministro di Giustizia di Biden, ha indagato il presidente sui documenti top secret. Pam Bondi, invece, attacca i giudici in modo sfacciato: in un’intervista alla Fox News ha criticato il giudice James Boasberg per aver minacciato i legali di Trump di oltraggio alla Corte per non aver obbedito ai suoi ordini di non deportare alcuni migranti in El Salvador, definendolo un “protettore di terroristi”.
In quattro mesi, Trump ha emesso una valanga di ordini esecutivi, molti bloccati dai giudici federali. Repubblicani edemocratici vedono i magistrati come unico contrappeso al potere quasi assoluto del 47º presidente, vista l’inattività del Congresso.
Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, ha dichiarato che il giudice Brian Murphy di Boston “non è il segretario di Stato” e non può controllare la politica estera. Murphy aveva bloccato la deportazione di migranti in Sudan, non cittadini sudanesi, in piena guerra civile, mettendo a rischio la loro vita. Ha provato a far rispettare la legge e difendere i più vulnerabili; Bondi, ignorando il rispetto per la magistratura, ha attaccato il giudice, suscitando timori sul futuro della giustizia americana e degli accordi internazionali con gli USA.
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