In seguito alla vittoria delle elezioni presidenziali dello scorso 22 giugno, Mohamed Ould Ghazouani diventerà ufficialmente il nuovo presidente della Mauritania a partire dal 2 agosto.

Paese che supera di poco i quattro milioni di abitanti su una gigantesca superficie prevalentemente desertica (più di un milione di chilometri quadrati, oltre tre volte l’Italia), la Mauritania è una repubblica islamica di tipo semi-presidenziale. Lo scorso 22 giugno, i cittadini sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente alla successione di Mohamed Ould Abdel Aziz, in carica dal 2009, ma di fatto salito al potere con il colpo di Stato dell’anno precedente. Molti analisti hanno annunciato che quello di quest’anno sarebbe stato il primo passaggio di consegne senza spargimenti di sangue, il primo avvicendamento pacifico al potere pacifico sin dall’indipendenza del Paese dalla Francia, avvenuta nel 1960.
Con il presidente in carica che non si è presentato per la rielezione, lo scenario era in realtà già scritto. Il suo successore designato era infatti il generale Mohamed Ould Ghazouani, sessanta due anni, già capo dell’esercito per dieci anni e poi Ministro della Difesa più di recente. Grazie al sostegno del partito di governo, l’Unione per la Repubblica (in francese: Union pour la République; in arabo: الإتحاد من أجل الجمهورية), e del presidente uscente, Ghazouani non ha avuto problemi ad imporsi con il 52.01% delle preferenze, ottenendo dunque la maggioranza assoluta già al primo turno ed evitando la necessità di un ballottaggio.
L’opposizione, che si è presentata piuttosto frammentata, ha visto il candidato indipendente Biram Abeid, il “Nelson Mandela mauritano” secondo i suoi sostenitori, classificarsi secondo con il 18.58% dei consensi, mentre l’ex primo ministro Sidi Mohamed Ould Boubacar, sostenuto dal Raggruppamento Nazionale per la Riforma e lo Sviluppo (in francese: Rassemblement National pour la Réforme et le Développement – RNRD; in arabo: التجمع الوطني للإصلاح و التنمية – Tewassoul) si è fermato al 17.87%. Gli altri candidati erano Kane Hamidou Baba (8.71%), Mohamed Ould Mouloud (2.44%) e Mohamed Lemine al-Mourtaji al-Wafi (0.40%).
I candidati dell’opposizione hanno congiuntamente protestato contro la vittoria di Mohamed Ould Ghazouani, deunciando numerose irregolarità nel processo elettorale. Le opposizioni hanno dunque rifiutato la narrazione occidentale, secondo la quale si sarebbe trattato di un passaggio di consegne regolare e democratico, parlando di un ennesimo colpo di Stato fatto a suon di brogli elettorali, al fine di mantenere integro il potere del partito di governo, sebbene con un apparente cambiamento di leadership: il ricorso presentato è stato ad ogni modo respito dal Consiglio Costituzionale. La posizione dei governi occidentali, tuttavia, non deve sorprendere: sotto la presidenza di Mohamed Ould Abdel Aziz, infatti, la Mauritania è divenuto un prezioso alleato dell’Europa e degli Stati Uniti nella “lotta al terrorismo” nella regione del Sahel e come filtro per le ondate migratorie provenienti dall’Africa occidentale, inoltre rappresenta un importante fornitore di materie prime (soprattutto ferro) a basso costo.
Ultimo Paese al mondo ad abolire la schiavitù, solamente nel 1981, la Mauritania resta ad oggi un Paese estremamente povero, nel quale esiste ancora la tratta degli schiavi e la cui debole economia, nonostante la crescita del PIL nominale, dipende principalmente dall’esportazione di materie prime, con una persistente forte dipendenza dalla Francia, ex madrepatria in epoca coloniale.
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[…] Mohamed Ould Abdel Aziz, il quale aveva raggiunto il limite dei due mandati. In quell’occasione, le elezioni presidenziali mauritane vennero considerate come un esempio di passaggio pacifico del po…, un evento tutt’altro che scontato nei Paesi del […]
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