
La Bolivia di Evo Morales, uno dei Presidenti sudamericani più vicini alle posizioni di Chávez, ha dato l’ennesima prova che la lotta contro le multinazionali e l’imperialismo degli Stati Uniti non è solo teorica. Già lo scorso anno, la McDonald’s aveva chiuso tutti i propri punti vendita in Bolivia per lo scarso interesse riscosso presso la popolazione locale. Questa volta toccherà alla Coca-Cola lasciare il territorio boliviano, a partire dal 21 dicembre 2012, perché messa fuori legge dal governo.
Già in passato, la Coca Cola era stata soggetta a forti controlli fiscali e sindacali, ma questa volta il governo boliviano ha deciso di eliminare il problema alla radice. L’annuncio è arrivato da David Choquehuanca, Ministro degli Esteri, che ha anche motivato la scelta, affermando che “il contenuto della Coca Cola ha sostanze che pregiudicano la salute e che potrebbero provocare attacchi cardiaci e tumori. Si tratta di una decisione di salute ma anche di cultura”. Anche la data del 21 dicembre 2012, ispirata alla presunta fine del mondo del calendario Maya, è stata motivata da Choquehuanca: “il 21 dicembre 2012 sarà la fine dell’egoismo, della divisione. Quel giorno segnerà anche la fine della Coca Cola e l’inizio di una cultura della vita”.
Alla ragione salutare, vanno aggiunti i numerosi crimini perpetrati dalla multinazionale statunitense in Bolivia come in tutto il mondo, ad iniziare dalle condizioni precarie nelle quali sono ridotti i lavoratori, privati dei propri diritti, per arrivare all’inquinamento e all’insostenibilità ambientale della produzione della Coca-Cola. Nel quadro ambientale ed economico, si può ascrivere la volontà di eliminare lo sfruttamento, da parte delle multinazionali, delle piantagioni di coca, considerata “patrimonio culturale della Bolivia” dalla costituzione “indigenista” del 2008, e ingrediente fondamentale della “Coca Colla”, una bevanda locale creata proprio come rivale della più celebre Coca-Cola.
Infatti, nonostante la Coca-Cola cerchi di nascondere i propri misfatti, questi sono ben noti nei Paesi, in America Latina come in Asia, dove la sfruttamento dei lavoratori per la produzione della bevanda è all’ordine del giorno. La Coca-Cola, nega anche la presenza delle foglie di coca nella propria bevanda, cosa che è invece risaputa in America Latina, dove la multinazionale a stelle e strisce si approvvigiona della materia prima.
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